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Sogni e bisogni

Regia di Sergio Citti vedi scheda film

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La recensione su Sogni e bisogni

di zombi
8 stelle

la forza di un poeta borgataro che sa creare poesia utilizzando i mezzi per farsi comprendere da chiunque. surreale e leggero, talmente leggero che ti rendi conto a volte della bellezza di ciò che stai guardando solo una volta finito l'episodio e rimettendo tutti i tasselli insieme. il filo conduttore è intepretato da hector alterio, jacques dufilo e giulietta masina che interpretano in ordine, un angelo, un diavolo e il destino. i tre si mettono in marcia alla ricerca del libricino del destino, senza il quale il destino non si ricorda assolutamente nulla. e allora se in "amore cieco" un paolo villaggio in piena esplosione di popolarità post fantozziana e in procinto di dedicarsi anima e core alle commedi(acce)ole barzellettiere, pompieresche o riminare, s'innamora di una nara naszinsky non vedente e le paga l'operazione per tornare a vedere su pressione della zia, tra musica in sinth e un'interpretazione in sottrazione tale da sembrare un non professionista, convinto da essere così orribile da non poter piacere ad una cotale bellezza, nel secondo episodio "il ritorno di guerriero" si gioca sulla preposizione semplice per far intepretare al clown maurizio nichetti, il "guerriero" del titolo. omino emigrato per cercare i soldi adatti a comprare una casetta per sè e la famiglia composta da daria nicolodi e asia argento ormai cresciuta che non riconosce il padre. padre fallito in partenza perchè non potrà mai essere al pari dell'attuale compagno della moglie, alessandro haber, riccone crudele, che ha un solo tallone d'achille... con "micio micio" si assiste ad uno degli episodi più belli, non per niente intepretato da un grande gigi proietti e da andrea ferreol, gattari disillusi dagli umani che riversano sui felini un amore che avrebbe bisogno di ben altri destinatari. con "la morte porta consiglio" andiamo in terra campana e nel mondo del lotto. marina confalone(bravissima)chiede al padre una volta morto(piero tordi altrettanto bravo) di dargli un terno per poter far la bella vita. ma il padre risentito dal comportamento della figlia in vita, le gioca uno scherzo da mortacci sua, in un episodio particolarmente clownesco tra la vita e la morte e tra il sonno e la veglia. citti è bravissimo a giocare coi generi e nel suo modo rustico e popolare di condurre "il gioco", ci mostra quanto gli umani possano essere delle povere bestie pronte a tutto pur di sbarcare il lunario.... sbarcare... appunto.... confalone reincontra il padre in sogno dopo che gli ha costruito "il mausoleo" da 8/6,5/6 milioni(stando alle versione che da al padre morto ma non sordo o scemo) che fa le bolle assiso in poltrona. la giostra comincia a gi(oc)(r)are e tra streghe sdentate che fanno le bolle e lettere che cadono ad hoc dalla super tomba, confalone-figlia rimane addormentata e fessa coi numeri che il padre ha deciso di darle. ma fino a qui è con "IL FATTACCIO" che questa serie si svela ai miei occhi in maniera così, sorprendente! in un palazzo in periferia, si libera un appartamento. un uomo fa strage della moglie e della figlioletta, liberando così l'alloggio. ben presto una serie di personaggi si recano dal portinaio amedeo zampetti(enrico montesano)a chiedere di poterlo vedere... citti che grazie a questo prodotto televisivo ha saputo dimostrare il suo talento di regista autodidatta in mezz'ora di durata parte come commedia farsesca con montesano che accetta mazzette per far salire in graduatoria i papabili nuovi inquilini, e in un batter di ciglia trasforma l'atmosfera in un vero e proprio film horror.... una stanza, alcuni drappi, luce rossa e le musiche di shining e il regista insieme a montesano deliziano lo spettatore esterrefatto con una delle scene di atmosfera "di genere" più riuscite che io abbia visto di recente. ma non è tanto la partita a ping-pong tra i generi(commedia e horror-thrilling per tornare alla commedia) a stupire... a meravigliare è l'ennesima trasformazione de-genere che accompagna alla terza parte del segmento e al finale. battute cult: "...che anime dei morti?!?!, ma non era sfitto???" e una considerazione acuta e non farlocca sulla morte come spettacolo da portare in scena(il palco come vita? o la vita come palco per....?)offre a montesano la possibilità per svariate interpretazioni memorabili, il che fa chiedere allo spettatore come mai un attore così sia stato relegato nel dimenticatoio.

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