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En la ciudad de Sylvia

Regia di José Luis Guerín vedi scheda film

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La recensione su En la ciudad de Sylvia

di maurizio73
4 stelle

Studente di disegno ritorna per tre giorni a Strasburgo alla ricerca di Sylvia, una ragazza conosciuta sei anni prima in un caffè della città frequentato da giovani artisti. Gli sembra di riconoscerla in una giovane intravista in un bar e che si mette a seguire a piedi per tutta la città. Finale interdetto.
Opera scabra e un pò pretenziosa di un regista spagnolo con all'attivo alcune produzioni sperimentali di un certo rilievo festivaliero, questa cronaca di un 'amore perduto ai tempi dell'Erasmus' coniuga l'essenzialità della ricerca formale con le vaghe e improbabili istanze di un ingenuo esistenzialismo, interrogando e interrogandosi continuamente sul significato di temi fondamentali come l'amore, il caso, il tempo, senza tuttavia pervenire ad una credibile sintesi drammatica o simbolica; arrestandosi sulla soglia di un mera manifestazione di intenti e di possibilità espressive irrisolte.
Suddiviso nei tre atti di altrettanti giorni che costituiscono il tempo cronologico della narrazione, si sviluppa nei luoghi di una stralunata dimensione del viaggio e dell'attesa (più che della ricerca), spostandosi dalla modesta camera di un ostello della gioventù quale punto di partenza di un percorso circadiano (con tanto di riflesso baluginante del traffico notturno) al caffè bohemien dove brulica un sommesso chiacchiericcio rohmeriano, attraverso una interessante teoria del contro campo che congiunge e separa presenze e sguardi, prospettive e aspettative; per proseguire con il tragicomico pedinamento lungo un labirintico itinerario cittadino di vicoli stretti e scritte sui muri (sempre la stessa: Laura je t'aime) fino all'epilogo sconsolato di un'occasione perduta e (forse) di un'altra mancata. Le esasperazioni di questo realismo narrativo (al limite del documentarismo),la estenuante lentezza del montaggio e la quasi totale assenza dei dialoghi (forse non è un limite visto quello che dicono i personaggi quando aprono bocca!) trasmettono una insolita freddezza espressiva, mantenendo a debita distanza qualunque coinvolgimento emotivo dello spettatore, presto annoiato da un cortometraggio che sembra allungarsi oltre misura per raggiungere la dimensione cui ambisce (un mediometraggio di 84 minuti) lo sviluppo del documentario (dello stesso autore e dello stesso anno) da cui è tratto. Tra steadycam, piani fissi e lunghe pause di imbarazzanti silenzi si capisce presto che non è aria. Cherchez la femme...à Strasbourg.

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