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Requiem

Regia di Hans-Christian Schmid vedi scheda film

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La recensione su Requiem

di maurizio73
6 stelle

Tra razionalismo e misticismo, posologia farmacologica e somministrazione di un sacramento comandato si gioca l'ambivalenza di una critica sociale alle contraddizioni della società teutonica in cui convivono tanto le istanze di comprensione quanto quelle di punizione.

Cresciuta in una famiglia cattolica bavarese, la giovane Michaela soffre di gravi disturbi epilettici causati ed acuiti dall'educazione fortemente repressiva che soprattutto la madre gli ha impartito sin da bambina. Iniaziato un faticoso percorso universitario ed una progressiva emancipazione dall'ambiente domestico, la ragazza vede ben presto peggiorare le sue già precarie condizioni di salute e la malsana convinzione di essere preda di una insidiosa possessione demoniaca. Finale drammatico.

 

 

Basato sul famigerato caso dell'esorcismo di Anneliese Michel (cui si era già ispirato l'anno prima Scott Derrickson nel riuscito horror-giudiziario The Exorcism of Emily Rose), Hans-Christian Schmid tratteggia una oscura storia di disturbo mentale e dramma personale entro la cornice di una cultura sociale dove sembra combattersi una sotterranea battaglia tra le chiusure di un ambiente familiare fortemente conservatore e le aperture di una società civile improntata al razionalismo ed alla libera determinazione individuale. Forte di un impianto narrativo e scenico che si accosta alla materia con un realismo a tratti eccessivamente distaccato, si prospetta la suggestiva ipotesi che il retaggio di una cultura medievale si sia preservato nel cuore di una confusa modernità, laddove la fede rappresenta l'insormontabile baluardo contro cui si confronta l'impulso progressista di un inesorabile agnosticismo. Nel cortocircuito emotivo prodotto dai guasti di una cultura repressiva origina e si sviluppa il dramma privato di una giovane santa laica che si immola sull'altare di una faticosa normalità sociale (Kreuzweg Le stazioni della fede - 2015 - Dietrich Brüggemann). Ogni tentativo di ribellarsi ai dogmi di una rigida disciplina confessionale alimenta così il circolo vizioso di un acuirsi dei sintomi di un psicosi che trova nei simboli religiosi una manifesta e irrefrenabile ostilità.

 

Lea van Acken, Florian Stetter

Kreuzweg - Le stazioni della fede (2014): Lea van Acken, Florian Stetter

 

 

 

 

 

Tra razionalismo  e misticismo, posologia farmacologica e somministrazione di un sacramento comandato si gioca l'ambivalenza di una critica sociale alle contraddizioni della società teutonica in cui convivono tanto le istanze di comprensione quanto quelle di punizione. Forse un po' schematico nel dividere i personaggi che ruotano attorno alla tormentata protagonista tra un genitore buono ed uno cattivo, tra un prete illuminato ed una altro prevenuto si muove un racconto entomologico sul dramma di una follia scambiata per il maligno, suggerendo quindi che i progressi della pedagogia sociale sono inutili di fronte alla persistenza di pratiche arcaiche che sopravvivono ai progressi della scienza e della cultura. Frutto di una cinematografia che da sempre sembra interrogarsi sul significato sociale del dovere e della responsabilità della cultura cattolica, in questo film come nel già citato Le stazioni della Fede, la protagonista finisce per soccombere ai trattamenti che la sua famiglia ha riservato per lei, assurgendo a simbolo dell'inutile martirio di un esorcismo non andato a buon fine e delegando alle didascalie finali quello che la spirito di una sceneggiatura centrata sulla ricostruzione oggettiva dei fatti non riesce a portare a più estreme e provocatorie conclusioni.

 

 

 

 

Valanga di riconoscimenti (forse troppi), tra cui i più importanti sono il Premio FIPRESCI all'autore e l'Orso d'Argento alla protagonista femminile al Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2006.

Quando si confondono gli psicofarmaci con l'acqua santa.

 

 

 

 

 

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