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Nuovomondo

Regia di Emanuele Crialese vedi scheda film

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La recensione su Nuovomondo

di ROTOTOM
8 stelle

Nuovomondo tratta l’emigrazione dei nostri conterranei agli inizi del 900 vista dagli occhi ingenui del patriarca della famiglia Mancuso, dalla brulla provincia di Agrigento alla chimera del paese dei campanelli: l’America. Campo lungo, uno dei pochi, una pietraia e due uomini scalzi, schiaffeggiati dal vento, risalgono la montagna con una pietra in bocca in segno di devozione e raggiungendo la cima, una croce in grado di dare un segno. Cosa fare, morire in quella terra arida o tentare il lungo viaggio? Radici sradicate con forza, il segno sono foto che testimoniano l’abbondanza e la ricchezza del nuovo mondo, ortaggi enormi, galline alte come uomini, soldi che crescono sugli alberi. In un misto di credenza popolare, paganesimo e religione la famiglia Mancuso parte. Prima parte molto bella del film, ariosa e intrisa di simbolismo onirico che prende corpo nel viso largo dell’ottimo protagonista il quale riassume tutta la paura e la voglia di affrontare un destino diverso da quello che l’ancestrale società pastorale prospetta ai suoi componenti da generazioni. La nave si stacca dal molo affollato di gente e spacca letteralmente in due la folla, chi parte e chi resta, la frattura si allarga sempre di più prima di affrontare l’oceano. Un oceano senza alberi, senza case, il nulla. Il nulla che attende e il nulla che si è lasciato alle spalle, attraverso un nulla senza tempo. Alla famiglia si aggrega una misteriosa ragazza dai capelli rossi, non proprio simbolo di virtù a quei tempi, raffinata e colta in cerca di marito per poter finalmente mettere piede nella terra promessa. Sul ponte della nave, sempre stretta in un’inquadratura serrata si crea una microsocietà con regole proprie, con divisioni e classi sociali. Sotto il ponte uomini e donne divisi e accatastati l’uno sull’altro danno vita ad un claustrofobia convivenza fatta di parole, di sogni, di piccoli stratagemmi di sopravvivenza. Corteggiamenti fatti di sguardi attendono l’esito di una scelta da cui dipenderà il futuro. Parte centrale cupa e labirintica nella pancia della nave che non si vede mai. Charlotte Gainsbourg/Luce è molto brava, imperfetta nel viso, intensa e liquida. Quindi bellissima. In questa umanità che si cerca e si scontra, che sogna e lotta, lei è il perno attorno al quale la storia gira, s’aggroviglia e si spiega. Lei è il nuovomondo, un nuovo tipo di donna per i rozzi pecorai che alla partenza salutavano l’ovino prediletto come se fosse un fratello o una moglie, forse. Nella nebbia l’arrivo nel nuovomondo è solo formale. Il film si fa geometrico contrapponendo alla libera e scevra di parole se non le poche necessarie per capirsi in po’, prima parte sull’isola natale, vita regolata solo dai vincoli della natura, un’ultima parte più verbosa e lenta, metodica messa in scena dell’entrata dei protagonisti nel moderno mondo delle regole, dei moduli, delle prove. Un mondo invasivo, chiuso nei padiglioni in quarantena in cui erano sottoposti ad umilianti prove di intelligenza, igiene, salute, i candidati per accedere al paese dei balocchi. Alcuni passeranno la selezione, le donne nubili saranno costrette ad accettare mariti scelti a caso per cui sogno del nuovomondo e del benessere passerà istituzionalmente sul loro corpo, Nulla si vede però del sogno della terra promessa, il tutto è confinato dietro i vetri smerigliati dei locali stipati di emigranti, qualcuno non si adeguerà e sarà rimandato indietro, forse meno moderni, forse un po’ più liberi. La scena finale, con i protagonisti che sorgono da un bianchissimo fiume di latte, è la chiusa ideale e il simbolo per eccellenza della realizzazione del sogno, ognuno con il proprio nuovomondo in cui nuotare. Bellissimo film, in cui lo sguardo dell’emigrante non è una volta tanto pietoso e corrotto dal uno sguardo carico di sensi di colpa da scaricare sullo spettatore, piuttosto disincantato e onirico, sognante, il viaggio è una rappresentazione del viaggio sognato mille volte, così come è misterioso l’oceano che annulla tutto il paesaggio e sprofonda i corpi in un nulla così intenso da far risaltare solo i loro desideri, la luce degli sguardi, dei volti spauriti ma fieri. I tre differenti stili narrativi confermano le doti di Crialese nel modellare la materia narrativa in modo estremamente personale e sicura, sicura delle idee da trasmettere, dove ogni elemento è parte integrante del tutto, perfettamente logico e plausibile, equilibrio che si rafforza nei simboli onirici che cesellano delicatamente le emozioni dei personaggi, rendendole assolutamente comprensibili e empaticamente umane. Ottime le prove degli attori, su tutti una eterea e dolcissima C. Gainsbourg, una vera sorpresa e Vincenzo Amato il protagonista maschile che riassume in uno sguardo tutto il dolore e la speranza del distacco dalla terra natìa.

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