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Mare nero

Regia di Roberta Torre vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Mare nero

di giancarlo visitilli
4 stelle

Il colore è predominante, ma scuro. Nero. Nero il mare, nero l’abisso nel quale ci si annega, oscuro l’insieme del film. A differenza del “naufragar m’è dolce in questo mare” del poeta, dal film della Torre non si vede l’ora di emergere in qualche modo, per riprendersi le proprie cose e andar via. Non dal mare, ma dalla sala.
Mare nero è il quarto film di Roberta Torre, regista milanese che nei suoi precedenti film (Tano da morire, Sud Side Story, Angela) ci ha mostrato tutt’altro colore e storie assolutamente più ‘solari’.
In questo, invece, si appropria della metafora nero-blu, per raccontare la storia d’amore di Luca e Veronica, che è sempre a galla e fa quasi da contorno all’omicidio di una bella studentessa della media borghesia, di cui non si sa nulla. Sarà proprio Luca, poliziotto dimesso, inquieto ed eccessivamente suggestionato dal sesso-scambio-feticismo in cui lo trascinano le indagini sulla doppia vita della giovane vittima, a trascinare sé stesso in un fondo assolutamente torbido, mentre l’affascinante e sensuale moglie, un’agente immobiliare, passerà da una casa all’altra con i suoi clienti, riempiendo l’immaginario distorto del suo compagno poliziotto.
Se nel film della regista milanese è apprezzabile la perfezione formale, merito del montaggio di Jacopo Quarti e della bella fotografia di Ciprì, non altrettanto si può dire della sceneggiatura, furbescamente scritta e pensata alla Federico Moccia, oltre che i dialoghi (“Noi siamo i chirurghi, non le viscere”, “Se mi fai le domande sbagliate, avrai le risposte sbagliate” sono solo alcuni esempi), non molto dissimili rispetto al trash-erotico di Melissa p.
Per questo c’è diffidenza nel considerare questo film un thriller, trattandosi di una estremizzazione della sessuofobia, per giunta vista nell’ottica di un maschilismo esasperante.
Tanti i dubbi, non ultimi quelli relativi alle ossessive immagini dell’acquario e del Satiro danzante, che ci sarebbe piaciuto pensare fossero metafore. Invece, cosa?
Anche il bravissimo Lo Cascio, qui al suo secondo ruolo di poliziotto ombroso e tormentato dopo Occhi di cristallo, è ‘fuori dal mare’ nel quale l’ha posto Roberta Torre. Perché un attore che sa ottimamente portare sullo schermo personaggi tormentati sull’orlo della nevrosi, deve necessariamente avere la stessa resa per parti tra l’onirismo e il trash (altro che Kubrick, come qualcuno ha scritto!).
Intanto, dopo tanto mal di mare, non sarebbe fuorviante ricantarsi insieme a Battiato: “mare, mare, mare, voglio annegare. Portami lontano a naufragare…”.
Giancarlo Visitilli

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