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Estasi

Regia di Gustav Machaty vedi scheda film

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La recensione su Estasi

di obyone
8 stelle

 

Hedy Lamarr

Estasi (1933): Hedy Lamarr

 

Venezia 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

Quanto bella era Hedwig Eva Maria Kiesler. E quanto intelligente come avremmo scoperto durante la seconda guerra. Se scrivo ora su uno smartphone collegato ad una rete wireless è per merito suo. Sicuramente fu audace e seppe dosare i pro ed i contro quando accettò la parte di Eva in questo film del 1932 diretto dal regista ceco Gustav Machaty. Ci fu lo scandalo e anche il successo. Ripulito il nome dalle origine tedesche Hedy Lamarr (lei austriaca, altoborghese ed ebrea) sbarcò negli Usa grazie al "can can" di questo film attaccato su più fronti ma capace di stuzzicare l'ego della critica e strappare un premio alla Mostra del Cinema del 1934 dove il film fu selezionato a rappresentare la Cecoslovacchia. Sforbiciato, dagli Usa alla Germania nazista, fu amato, secondo le cronache dell'epoca, da alcuni gerarchi nazisti (ma non Hitler) e da Mussolini. Si dice che in Estasi, per la prima volta, si sia visto un nudo integrale. Quasi sicuro che la Kiesler fosse al corrente di dover passeggiare nuda per i boschi. Una dose di coraggio notevole farsi vedere senza veli e, allo stesso tempo, sintomo di ambizione e di quella intelligenza che dimostrò di possedere negli Stati Uniti in campo ingegneristico.

 

Hedy Lamarr

Estasi (1933): Hedy Lamarr

 

"Estasi" è un film che brilla dello sguardo magnetico di Hedy Lamarr ma l'apporto registico di Machaty, abile a coniugare varietà di stili, generi e linguaggi cinematografici in un'epoca di passaggio tecnologico (il muto sul viale del tramonto, il sonoro agli albori), fu indispensabile per evitare l'oblio riservato ai film minori. La struttura dell'opera è quella del film muto, i dialoghi sono pochi, la musica è protagonista assoluta, quasi stordente, gli attori sono chiamati a comunicare emozioni, che il dialoghi scarni non avrebbero potuto esternare, tramite gesti e smorfie del viso. E dove la recitazione non poteva arrivare Machaty apportò tocchi registici sopraffini ad un continuo divenire artistico. La prima parte della pellicola è ironica ma ben presto il rapporto tra la giovane Eva e l'impettito marito si dimostra vuoto rivelando un fondo di drammatica solitudine. La parte successiva è un tripudio di sentimenti tanto da far scivolare la pellicola sul ruscello del cinema sentimentale. È a questo punto che le curate (ma non convenzionali) riprese di Machaty lasciano spazio a tocchi di cinema espressionista. Giochi di luci, ombre, ritmo sincopato e musiche serrate, che sembrano il preludio di una sequenza orrorifica, portano, in realtà, con un colpo a sorpresa, alla scena più sensuale del film con Lamarr che si contorce per il piacere mai provato durante il matrimonio. Audace a dir poco. La parte finale è un inno di lode al lavoro, che di primo acchito lascia perplessi e disorientati. Una sequenza che lancia un messaggio, forse di stampo socialista e sovietico (ma la retorica nazista e fascista non era poi molto diversa), che consacra l'uomo al lavoro e alla nobilitazione del sudore dei corpi e dei muscoli contratti dal duro lavoro del piccone. Le donne stiano al loro posto e gli uomini pensino meno a trastullarsi tra le gambe delle loro compagne. La scena finale, al contrario, sembra inneggiare ad una figura femminile forte in grado di vivere senza la presenza di un uomo al suo fianco, impotente o donatore che sia. Eva è sensuale e conturbante, soprattutto vestita, con la testa reclinata sul talamo nuziale, ed i respiri affannosi nel capanno del giovane capomastro, che le alzano i seni, valgono più di mille parole. La mancanza di queste, anzi, fa del film un'opera di forte impatto visivo e simbolico. Nell'uso della simbologia ravviso la straordinarietà della componente registica. Machaty esprime le emozioni dei protagonisti attraverso uno studio maniacale dell'atteggiamento animale. Lo stallone rinchiuso nello steccato, che richiama la giumenta, è l'ipnotico richiamo dell'amore che attrae Eva verso il giovane e virile Adam il quale la seduce portandola a sé come l'insetto inoffensivo e incapace che viene appoggiato di continuo sul fiore dal giovane. Lo stesso stallone, imbizzarrito, che a strattoni si libera dei propri stallieri per cercare la cavalla da montare, simboleggia l'ineluttabile attrazione sessuale tra Adam e Eva. Nella mosca che cerca la libertà sbattendo contro la finestra senza uscita si può ravvisare la condizione d'impotenza che attanaglia il marito ripudiato e che lo renderà simile all'insetto che nella trappola della carta moschicida trova la morte. Per i sensuali Adam e Eva di Machaty il giardino dell'Eden svanisce al di fuori della baracca mentre il peccato dell'eros lascia loro un fardello di conseguenze che ne determina il destino. Per Machaty, tuttavia, la vita è più forte di ogni desiderio o passione trasformandosi essa stessa in una materna favola d'amore. Film indimenticabile, recuperato dopo un restauro reso possibile dalla collaborazione di più cineteche nazionali che ha consentito di rimettere insieme la più fedele versione in lingua ceca della pellicola proiettata nei giardini dell'Exelsior nel 1934.

 

Hedy Lamarr

Estasi (1933): Hedy Lamarr

 

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