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La folle impresa del dottor Schaefer

Regia di Theodore J. Flicker vedi scheda film

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La recensione su La folle impresa del dottor Schaefer

di maso
4 stelle

 

 

Dopo lunga attesa sono finalmente riuscito a porre i miei occhietti su "The President's Analyst" ma la versione originale questa volta mi è rimasta indigesta in qualche passaggio, forse perchè il film a conti fatti mi ha annoiato e il mio livello di attenzione si è pian piano affievolito come la curiosità che il suo manifesto originale mi aveva suscitato.

Il punto di partenza è sicuramente un bravo ed appropriato James Coburn che proprio in quegli anni con il personaggio dell'agente Flint si era ritagliato uno spazio come possibile alternativa americana a James Bond, il film in questione deve molto a questi suoi predecessori, basta osservare la scena in cui l’agente del KGB e il protagonista abbandonano la nave con un motoscafo a forma di decappottabile e soprattutto per il misto di azione e umorismo che lo caratterizzano ma purtroppo dopo un inizio stuzzicante in cui il dottor Schaefer accetta l’incarico di diventare lo strizzacervelli del presidentissimo degli States il film mette troppa carne al fuoco senza saziare i sui spettatori.

Il nostro eroe è uno yuppie sessantottino di successo che ha uno studio proprio nel centro di Manhattan, la sua bravura come analista giunge alle orecchie delle alte sfere grazie anche alla pubblicità di un suo paziente agente dei servizi, la richiesta di udienza

da parte del presidente è uno stimolo professionale e morale a cui non è possibile dire di no e il rampante psicoanalista festeggia con una bella sequenza ripresa dall’elicottero in cui grida la sua gioia dalla fiaccola della Statua della libertà per poi comunicare il tutto alla giovane moglie.

La vita da psicanalista del premier si rivela ben presto insostenibile non soltanto per la complessità dell’analisi ma soprattutto perché Schaefer non ha più un minuto per se visto che la sua reperibilità è richiesta 25 ore su 24: è emblematica la scena in cui

la spia rossa lampeggiante che lo avvisa di correre alla Casa bianca si accende anche nel piatto in cui mangia mentre la moglie suo malgrado è diventata anche lei uno dei suoi controllori, il nostro eroe ormai stressato e privo della sua autonomia decide di risolvere il tutto mescolandosi al gruppo della visita guidata alla Casa bianca per poi togliersi dalla circolazione nascondendosi in una comunità hippies e siamo appena a metà strada.

La lunga permanenza del protagonista nella comunità è la prima sequenza in cui il film comincia ad annoiare ma sembra obbligatoria per un prodotto del sessantotto, in più racchiude una scena chiave per lo snodo della trama in cui Schaefer è insidiato tra i fili d’erba da agenti di mezzo mondo oltre che dalla CEI e la FBR, badate bene che non ci sono errori di battitura ne

di doppiaggio, perché mentre recitavano gli attori pronunciarono FBI e CIA ma per evitare censure fu preferito usare questi pseudonimi, fra gli agenti americani si distingue un inquietante nanerottolo dal volto perennemente imbronciato che tratta

Schaefer come una pezza da piedi fin dal primo incontro, è chiaro ormai chei segreti di cui è a conoscenza sono ambiti dai concorrenti mentre gli americani lo rivogliono vivo o morto indifferentemente.          

La fuga del nostro eroe è quanto di più noioso possa esserci, poiché le scene d’azione latitano e quella finale in cui viene liberato dalla setta delle telecomunicazioni che vuole istallare un chip nella testa di ogni individuo è allungata con una sequenza

animata esplicativa che era obsoleta e superata già al tempo figuriamoci oggi, non resta che ingoiare un finale buonista in cui Schaefer si riconcilia con tutti e continua a sfoggiare la sua dialettica capace di penetrare nelle ossessioni dei suoi interlocutori, rossi o capitalisti che siano il dottor Schaefer ha sempre un’analisi oculata da elaborare ed è questa la vera croce e delizia del film che in molte sequenze coinvolge più l’orecchio che l’occhio con questi dialoghi serrati, a volte taglienti, densi di giochi di parole e frecciate verso il sistema.

L'autore Theodore J. Flicker rimase inoperoso per una dozzina d’anni perché il suo film così ironicamente critico nei confronti delle istituzioni fece un certo scalpore ma rivisto oggi sembra molto datato come esposizione e le sue frecciate al curaro hanno più l’effetto di cappuccetti spuntati fatti con le pagine di Novella 2000, rimane comunque un ottimo spunto iniziale ed un personaggio centrale di grande carisma a dimostrazione che se rielaborato ed attualizzato il copione ha un elevato potenziale filmico da cui trarre un bel remake.

“La folle impresa del dottor Schaefer” per me non è comunque un film riuscito e da vedere perché le buone idee e le intuizioni che lo compongono sono di pari numero a quelle sbagliate e antiquate che risentono del peso degli anni trascorsi, adesso comincio a capire il perché sia un film così arduo da trovare: sono in pochi quelli che lo vogliono vedere.

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