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Il gabinetto delle figure di cera

Regia di Paul Leni vedi scheda film

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La recensione su Il gabinetto delle figure di cera

di sasso67
8 stelle

Il canto del cigno dell'espressionismo cinematografico, erede del "Gabinetto del dottor Caligari", è un buon film molto giocato sull'aspetto cromatico, nonostante che si tratti di un'opera in bianco e nero. Tutte le scene sono virate in certi colori a seconda della situazione che l'autore (il film è comunque attribuibile a Paul Leni) intende descrivere. Si hanno, così, scene virate in blu, in rosso, in viola, in verde e via dicendo.
"Il gabinetto delle figure di cera", conosciuto anche con il titolo di "Tre amori immortali", è più narrativo rispetto al "Caligari", ma mantiene un'impostazione che privilegia le scenografie sghembe ed incombenti a significare una sorta di oscura minaccia sull'uomo. Le storie sono comunque molto più tradizionali, specialmente quella del primo episodio (il califfo e il fornaio), e l'insieme non è più così inquietante come il film diretto da Wiene. Però è un lavoro comunque interessante, il cui episodio migliore è il secondo, quello relativo a Ivan il Terribile (molto bravo Conrad Veidt, che potrebbe competere con il Nikolaj Cerkasov del film di Ejzenstejn), mentre il terzo, su Jack lo Squartatore, è breve e tutto girato con sovrimpressioni che ricordano l'atmosfera del sogno. Il film è rimasto incompiuto: a parte il terzo episodio, ce ne doveva essere un quarto, mai realizzato per problemi finanziari.

Sulla trama

Un giovane poeta è assunto dal proprietario di un baraccone per scrivere delle storie sulle statue di cera del suo baraccone. Dalla sua penna le storie prendono vita con tre racconti separati.

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