Regia di Paul Leni vedi scheda film
Il canto del cigno dell'espressionismo cinematografico, erede del "Gabinetto del dottor Caligari", è un buon film molto giocato sull'aspetto cromatico, nonostante che si tratti di un'opera in bianco e nero. Tutte le scene sono virate in certi colori a seconda della situazione che l'autore (il film è comunque attribuibile a Paul Leni) intende descrivere. Si hanno, così, scene virate in blu, in rosso, in viola, in verde e via dicendo.
"Il gabinetto delle figure di cera", conosciuto anche con il titolo di "Tre amori immortali", è più narrativo rispetto al "Caligari", ma mantiene un'impostazione che privilegia le scenografie sghembe ed incombenti a significare una sorta di oscura minaccia sull'uomo. Le storie sono comunque molto più tradizionali, specialmente quella del primo episodio (il califfo e il fornaio), e l'insieme non è più così inquietante come il film diretto da Wiene. Però è un lavoro comunque interessante, il cui episodio migliore è il secondo, quello relativo a Ivan il Terribile (molto bravo Conrad Veidt, che potrebbe competere con il Nikolaj Cerkasov del film di Ejzenstejn), mentre il terzo, su Jack lo Squartatore, è breve e tutto girato con sovrimpressioni che ricordano l'atmosfera del sogno. Il film è rimasto incompiuto: a parte il terzo episodio, ce ne doveva essere un quarto, mai realizzato per problemi finanziari.
Un giovane poeta è assunto dal proprietario di un baraccone per scrivere delle storie sulle statue di cera del suo baraccone. Dalla sua penna le storie prendono vita con tre racconti separati.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta