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Hallucination

Regia di Joseph Losey vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Hallucination

di sasso67
6 stelle

Intitolato in originale "The Damned", cioè "I dannati" (o meglio: "I condannati"), questo non è certo uno dei migliori film di Losey. Ispirato da un ideale politicamente giusto, da un umanitarismo pacifista dal quale è difficile poter dissentire, specialmente in un periodo nel quale la guerra atomica appariva un'eventualità tutt'altro che remota (il 1962 è l'anno della crisi dei missili di Cuba), "Hallucination" soffre di mancanza di unitarietà: in sede di sceneggiatura non si è riusciti ad amalgamare sufficientemente la mediocre storia d'amore (o la storia di un amore mediocre) con il racconto di fantascienza. E perfino il tragico destino dei bambini, per come è gestita tutta la faccenda, non sembra interessare granché né ai protagonisti né al regista. Non che nel film sia tutto negativo, intendiamoci; è che non vi si ritrova quella maestria registica che Losey saprà riversare, appena un anno dopo, nel "Servo". Anche qui, forse, come in "Cerimonia segreta", si avverte l'assenza di un copione all'altezza; come George Tabori, neanche lo sceneggiatore Evan Jones ha la finezza narrativa di Harold Pinter, e, forse per questo, si assiste a forzature e a momenti eccessivamente didascalici, nei quali la metafora diventa fin troppo scoperta: ed ecco i contrasti, purtroppo scontati, tra la libertà della scultrice («se sapessi cosa rappresentano le mie statue, non le scolpirei», afferma) e l'ottusità di funzionari e poliziotti. Giudizio sul film: sufficiente. (29 novembre 2007)

Sulla trama

In una cittadina balneare britannica, un attempato americano e una ragazza inglese, in fuga d'amore dal presunto fratello (ma più probabile fidanzato) di lei, incappano in una grotta in cui i servizi segreti tengono segregati alcuni bambini radioattivi, frutto di un esperimento atomico/genetico.

Su Oliver Reed

Anche nei film meno riusciti, vale sempre la pena di vedere il compianto Oliver Reed (1938-1999), qui giovanissimo e forse ancora da sgrossare da qualche orpello di derivazione teatrale (come quando, dopo avere ucciso un poliziotto, appoggia per un attimo una mano e la testa a uno scaffale, stringendo gli occhi in segno di rimorso).

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