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Mille miliardi di dollari

Regia di Henri Verneuil vedi scheda film

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La recensione su Mille miliardi di dollari

di hupp2000
8 stelle

Paul Kerjean, giornalista di un importante settimanale parigino, riceve una soffiata sulle malefatte finanziarie di un uomo politico molto in vista. Dopo la pubblicazione dell’articolo che svela la vicenda, l’alto papavero in questione viene trovato morto nella sua auto. Non soddisfatto dall’indagine frettolosamente orientata verso la tesi del suicidio, il giornalista decide di proseguire nella ricerca della verità. Giungerà alla scoperta di un gigantesco sistema di corruzione politico-finanziaria nel quale sono implicati poteri forti dell’intero pianeta. Una specie di “spectre” di fleminghiana memoria, le cui attività iniziano addirittura negli anni ’30 e attraversano immuni gli anni del nazismo e della Seconda Guerra Mondiale. “Mille milliards de dollars” trascina lo spettatore in un’avvincente storia di giornalismo d’assalto alle prese con i classici pescecani della politica e dell’alta finanza. Di fronte ad un titolo che mi appariva decisamente eccessivo, mi aspettavo una trama tra l’umoristico e il grottesco. Lo stesso protagonista, Patrick Dewaere, si era già distinto in più di una commedia. Basti ricordare  “Les Valseuses” (1974) di Bertrand Blier o “Coup de tête » (1979) di Jean-Jacques Annaud . Lo stesso Henri Verneuil aveva già dilettato il pubblico dirigendo assi della comicità come Fernandel o Bourvil  e offrendo ruoli scanzonati a mostri sacri come Jean Gabin e Alain Delon. Qui, invece, ci troviamo in presenza di un appassionante thriller politico tinto di giallo, impressionante per le sue anticipazioni sulla realtà di oggi : globalizzazione, egemonia del potere finanziario delle multinazionali, impotenza delle politiche nazionali. Siamo nel 1981 e mancano ovviamente all’appello Stati come Cina, India o altri paesi emergenti, ma la prospettiva mondialistica che si prefigura fin da quegli anni è proposta con lodevole lungimiranza.  Nel finale del film, viene ricostruita un’ipotesi di evoluzione politico-economica avviata ben prima della guerra fredda e che vede coinvolti in primo luogo i servizi segreti americani. Il tutto appare in fin dei conti credibile ed è sorretto da una sceneggiatura di alto livello, firmata dallo stesso regista. La vicenda raccontata è piena di risvolti originali e non consente pause all’attenzione dello spettatore. Nel terzultimo film che interpretò, Patrick Dewaere s’imbatte, secondo me, in un ruolo importante nella sua purtroppo breve carriera. Non ha nulla da invidiare ai personaggi duri, carismatici e avvincenti  degli interpreti che lo hanno preceduto e gli succederanno nel genere « polar ».  Come regista e sceneggiatore, Henri Verneuil è al meglio delle sue capacità, confermando uno straordinario senso del ritmo narrativo e scrivendo dialoghi degni di Michel Audiard. Brevi ma efficaci apparizioni di Jeanne Moreau nel ruolo della ricchissima e alcolizzata vedova del presunto suicida e di Charles Denner in quello dell’investigatore privato coinvolto in un caso decisamente superiore alle sue forze. Non meno indovinata la colonna sonora, incalzante ma mai invadente, firmata da Philippe Sarde.

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