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Police

Regia di Maurice Pialat vedi scheda film

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La recensione su Police

di Baliverna
8 stelle

Il commissario è alle prese con il sottobosco della malavita tunisina di Parigi, e si fa ammaliare dalla bocca bella ma bugiarda della ragazza dell'arrestato.

Inizia come un poliziesco convenzionale e impersonale, ma diventa presto una pellicola originale, con personaggi interessanti e ben definiti, fuori da tutti i cliches. Dopo un po' non siamo più nel telefilm americano, ma nella vita reale, con tutte le sue miserie. Anche la polizia e i criminali, due mondi che dapprima sembrano nettamente distinti, si contaminano e si intersecano via via, finché quasi non si distingue più l'uno dall'altro: i poliziotti si compromenttono con i delinquenti, e questi magari offrono da bere al commissario che li aveva messi dentro. Ci sono tante bugie in questo film, perché diversi personaggi mentono spudoratamente. La principale bugiarda è però il personaggio della pupa del trafficante interpretata da Sophie Marceau, ragazza inaffidabile e sfuggente, che mente al punto da non sapere cosa vuole veramente, e neppure chi sia. Ammette infatti lei stessa che mente con tutti, compresi i genitori, e dichiara di non sapere amare. Male per il commissario interpretato da Depardieu, che si è lasciato prendere dall'amore per lei pur intuendo da subito che un'eventuale relazione sarebbe stata fugace e senza futuro.
Proprio bravi ho trovato sia la Marceau, con la sua indefinitezza e volubilità, che Depardieu, poliziotto iperattivo nel lavoro per non pensare a una vita privata a pezzi. Rimasto vedovo, cerca di riempire la solitudine persino con le prostitue, finché non ha la sventura di innamorarsi in una di quelle donne tanto belle quanto pericolose. Entranbi soffrono la solitudine, e la malinconia si legge spesso nei loro volti. Alcuni loro sguardi colpiscono profondamente, come quello sconsolato e triste di Depardieu nel finale.
Interessanti e originali ho trovato anche i ritratti dei vari delinquenti che si incontrano nel film, dove spesso qualche particolare indovinato colpisce lo spettatore (come la madre tunisina che assiste il figlio in ospedale, con il velo e la sua presenza muta).
In generale, è un film nervoso e molto parlato, anche se con i silenzi al momento giusto, e con pochissimi esterni.
Maurice Pialat dà un'altra prova del suo talento, cimentandosi in un genere estremamente battuto e convenzionale, ma tirandone fuori un'opera originale e coinvolgente. Da riscoprire.

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