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L'enfance nue

Regia di Maurice Pialat vedi scheda film

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La recensione su L'enfance nue

di OGM
8 stelle

Un bambino impossibile. Indisciplinato, violento, persino sadico, con evidenti tendenze criminali, tanto da essere rispedito indietro dalla prima famiglia a cui viene affidato. Il tema dell’infanzia che non è innocente e che nessuno riesce ad amare  è tale da suscitare scandalo, ancor di più rispetto a quello, pur infinitamente drammatico, dell’infanzia sfruttata, maltrattata, violata. Forse è proprio lì, in quel tremendo paradosso, in cui l’angelo è in realtà un demonio,  che si cela l’ultimo tabù della società, l’ultimo inespugnabile baluardo del male. Una zona nascosta alla coscienza collettiva, che è solo il capitolo più nero dell’immane tragedia dei figli non voluti, respinti da chi li ha messi al mondo, che possono solo sperare nella fortuna di essere scelti ed accettati da altri.  Nuda, come l’infanzia del titolo, è la provocazione contenuta in questo primo lungometraggio di Maurice Pialat, realizzato nello stile del documentario; un film che guarda dentro i meccanismi  con cui i minori senza padre né madre vengono accolti, trasferiti, smistati dalle strutture pubbliche, per andare incontro ad un futuro meno anonimo e solitario di quello del brefotrofio, però, purtroppo, non sempre felice. Il rapporto tra gli orfani ed i loro potenziali genitori adottivi è talvolta compromesso in partenza dalle aspettative che questi ultimi riversano in quel loro “acquisto”, che deve compensare la perdita di un affetto, o realizzare il desiderio di un figlio maschio, e magari corrispondere, per di più, a determinati requisiti fisici (che non sia nero, per favore). Per i coniugi Joigny, il piccolo François Fournier è come un oggetto in prova, che può essere restituito se non va bene. Loro, che con lui non hanno alcun legame effettivo, possono permettersi di arrendersi, di smettere di lottare per correggere il suo comportamento e farlo crescere nel modo giusto. Il loro impegno è soggetto a condizioni, oltre ad essere, per definizione, limitato nel tempo. A questa facoltà di esprimere un mancato gradimento, a questa sorta di diritto di recesso che la legge accorda agli adulti, non corrisponde, però, per il bambino, un’analoga possibilità di scelta: a negargliela è soprattutto il destino, che, dopo averlo fatto sentire rifiutato e solo, non gli concede la libertà di decidere a chi donare confidenza, fiducia e amore. François, nella famiglia Thierry, trova finalmente qualcuno con cui instaurare un rapporto speciale, ma questa persona, disgraziatamente, poco dopo muore. Così lui torna ad essere quello di prima, un ladro, un vandalo, che fuma e beve, e che, dopo aver volontariamente causato un grave incidente stradale,   finisce nuovamente in istituto. Una figura chiave, in questa dolorosa vicenda, è quella del funzionario responsabile degli affidi, che interviene in ogni momento critico, fungendo da mediatore tra le famiglie e i minori: quell’autorità ufficiale, forte del suo ruolo amministrativo, si sostituisce al confronto diretto, al dialogo aperto, alle discussioni chiarificatrici e ai discorsi educativi che normalmente avvengono nel focolare domestico, e in questo modo non fa che evidenziare, ad ogni occasione, il carattere fittizio e provvisorio di quella convivenza. La signora Thierry si sforza in ogni modo di essere una madre, è paziente, affettuosa e comprensiva, e dimostra di nutrire un sincero sentimento per tutti i bambini che ha accolto presso di sé. Ma con François la buona volontà non basta a mantenere viva l’illusione; le avverse condizioni ambientali, le sofferenze passate, la cattiva sorte e chissà cos’altro ancora  continuano a far di lui un caso da trattare secondo le relative prescrizioni giuridiche. L’enfance nue narra una vita ridotta ad una procedura, scandita dalle carte legali, con cui si cerca inutilmente di contenere l’incontenibile e colmare l’incolmabile: la rabbia e il vuoto che covano dentro un’anima fragile, che ha dovuto affrontare il mondo senza il conforto di una presenza stabile e amorevole, che le insegnasse a riconoscere, rispettare e a coltivare il bene.
 
Questo film, coprodotto da François Truffaut, ha vinto, nel 1969, il premio Jean Vigo.

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