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I pirati di Silicon Valley

Regia di Martyn Burke vedi scheda film

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La recensione su I pirati di Silicon Valley

di sev7en
4 stelle

Da garage e motel improvvisati a multinazionali e icone del settore informatico: Martyn Burke firma la cronaca romanzata di come Steve Jobs e Bill Gates fondarono Apple e Microsoft cambiando il corso della storia e… avviando la rivoluzione informatica alla base del nostro “pane quotidiano”.

 

Ad oltre un decennio dalla prima messa in onda quando la corsa al progresso tecnologico sembrava la nuova Eldorado, torniamo su un’opera postuma per uno dei protagonisti, il carismatico Steve Jobs ed un testamento della gioventù che fu per il filantropo Bill Gates, in un biopic che per montaggio ammicca al road-movie, divertente e mai banale, e per contenuti una prova di come i miti e le leggende possano abilmente sotterrare metodi non proprio “ortodossi”.

Il film è dedicato alla nascita dei due imperi informatici, Apple e Microsoft, che hanno scritto la storia dell’informatica, inseguendo sogni e visioni etico/mistiche, almeno inizialmente, da Jobs ed il gusto del successo amorale, almeno inizialmente, per Gates. A scanso di equivoci, come molti a torto ritengono, non si tratta di un’opera celebrativa del demiurgo Steve Jobs né tantomeno una delle tappe alla crocifissione di Bill Gates, ma di un lungometraggio che tratta con bastone e carota tanto l’uno quanto l’altro con un leit motiv imperante: per raggiungere un traguardo bisogna crederci, fino in fondo…

Burke sceneggiatore e regista, basandosi sul libro di Paul Freiberger e Michael Swaine, si avvale di voci fuori campo per guidare lo spettatore nelle due storie: Steve Wozniak, cofondatore di Apple, per Steve Jobs e Steve Ballmer, dirigente della Microsoft, per Bill Gates ma anche di flashback con cui incasella eventi e tappe con un ritmo serrato ed incalzante, tanto che si arriva ai titoli di coda con il rammarico che la storia finisca proprio sul più bello. Nella finestra temporale aperta su questo periodo storico è possibile raccogliere perle di saggezza uniche, che mostrano, ad esempio, come l’essere cinici non porti mai nulla di buono (“Ma che diavolo può farsene la gente comune dei computer?” (Dirigente Hewlett Packard)), di quanto l’ambizione possa disarcionare etica e morale (“I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano”, Jobs / Gates con un abbaglio colossale di quest’ultimo sulla paternità…), di come la finanza creativa di oggi abbia progenitori da notte dei tempi… (“Altro che molto fumo e niente arrosto, noi non avevamo neanche il fumo. / Gates).

In 90 minuti Burke non ha avuto l’ardire di raccontarci nascita e consacrazione delle due major, perché avrebbe benissimo allungare la timeline di qualche anno…, ma focalizzarsi e catalizzare la nostra attenzione su una parte, quella della pre-consacrazione, con un mistico/paranoico Steve per la ricerca del bello assoluto anche a costo di apparire odioso e tirannico, o del prestigiatore/illusionista di Bill, in grado di mettere in scacco gli incravattati di casa IBM non avendo, praticamente, nulla in mano (e neanche in cassa).

Sarebbe stato fantastico, in puro stile Matrix Reloaded, un “to be concluded” ma forse l’incantesimo non si sarebbe ripetuto perché le stravaganze dei due “fratelli coltelli” avrebbero ceduto il passo alle loro creazioni informatiche che per quanto affascinanti avrebbero avuto il vincolo di un interruttore, una presa di corrente o… dell’autonomia di una batteria.

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