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Tornado

Regia di Anthony Dawson (Antonio Margheriti) vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tornado

di giurista81
6 stelle

Ted Kotcheff nel 1982 dirige Rambo inserendosi in un sotto filone bellico, quello di ambientazione vietnamita, che in Italia aveva già in Antonio Margheriti il suo regista di punta. La cosa, dato il successo del film di Stallone, si riflette in modo marcato anche nella nostra produzione di genere. Lamberto Bava gira Blastfighter (1984) con Michael Sopkiw, imitando Fabrizio De Angelis che aveva fatto uscire dodici mesi prima Thunder (1983) con Mark Gregory, due pellicole che ricalcano il successo prodotto da Kassar e Vajna (riportando nella vita comune reduci del Vietnam poi braccati dai civili) pur cercando una distintività; prima di loro arrivano però Margheriti, che si firma col consueto Anthony M. Dawson, e il produttore Gianfranco Couyoumdjian, che con Tornado, non a caso distribuito sul mercato americano col titolo di The Last Blood (il titolo americano di Rambo era First Blood), chiudono la loro trilogia bellica di ambientazione vietnamita/cambogiana (in realtà si gira nelle Filippine) aperta da L'Ultimo Cacciatore (1980) e proseguita con Fuga dall'Arcipelago Maledetto (1981). Due pellicole, queste ultime, uscite ben prima di Rambo. Tornado poggia su una sceneggiatura più elaborata rispetto ai suoi due epigoni. Tito Carpi, già autore dello script del secondo lavoro della serie (il primo era di Dardano Sacchetti), struttura una storia di ambientazione vietnamita e, per certi versi, anticipa Rambo 2, in un'alternanza tra raid sia aereo che terrestre nella giungla e parti al campo base. Protagonista abbiamo un discreto Giancarlo Prete (in una delle sue migliori interpretazioni), accreditato quale Timothy Brent, che qua perde i modi farfalloni che di solito caratterizzavano i suoi personaggi in favore di un antieroe assai cupo, ma legato ai compagni da un rapporto fraterno (bello quando, facendo quasi la veste dell'ufficiale, li va a prendere uno a uno in una festa a base di gioco d'azzardo, alcool e donne di facili costumi e li riconduce nei ranghi). Prete è il sergente Maggio, un Rambo de “noi attri” vanto e al tempo stesso croce dell'ufficiale che lo ha formato, ovvero il capitano Harlow (interpretato dal freddo Antonio Marsina), che è convinto che possa attraversare da solo la giungla infestata dai “Charlie” (nome in codice dei c.d. “musi gialli”) e sconfinare in Cambogia tutto da solo. Carpi attinge indubbiamente da Rambo, ma non copia, piuttosto assimila e ripropone in veste diversa. Così a inizio film vediamo, a termine di un raid nella giungla, il Sergente Maggio abbandonato dai suoi uomini nel cuore della giungla, perché il suo superiore non ha tempo per aspettarlo e ordina la risalita dell'elicottero. Poco importa all'ufficiale se Maggio sia andato a salvare un compagno saltato su una mina. Ha contravvenuto a un ordine e quindi se ne assumerà le conseguenze. Harlow è un vero bastardo, lo si capisce subito. Maggio, tuttavia, risale il fiume e torna alla base, tra la felicità generale, consegnando ai medici il soldato ferito (effetto splatterone sulla gamba da cui fuoriesce parte dell'osso). Poco avvezzo alla baldoria, Maggio dribbla i commilitoni e si presenta al cospetto del capitano Harlow che accusa pesantemente, reputandolo inidoneo alla carica, e che poi, nel corso della storia, reputerà (a giusta causa) responsabile indiretto del successivo suicidio del ragazzo salvato (una promessa del salto in alto) a cui, nel frattempo, era stata amputata proprio la gamba ferita (a seguito del ritardo nei soccorsi). Si tratta di una situazione su cui Pan Cosmatos articolerà il secondo capitolo di Rambo ovvero il contrasto tra l'antieroe e il suo arrogante superiore che non tollera di essere secondo a nessuno in fatto di arguzia e intelligenza. Maggio si scaglia in modo vigoroso contro Harlow, lo prende a pugni davanti a tutti e alla Militar Police. Accusato di insubordinazione viene spedito alla corte marziale, ma riesce a fuggire durante il trasporto e a darsi alla macchia braccato sia dai vietnamiti che dagli americani. 

Intanto il caso finisce sotto l'occhio del giornalista inviato di guerra interpretato dal bravo Luciano Pigozzi, intenzionato a far emergere la ferocia del capitano Harlow e i suoi modi di gestire le truppe. Pigozzi accusa l'ufficiale di mandare al macello i propri uomini per aprirsi i giusti varchi. Convinto di ciò cerca le prove per poter dare alle stampe un succulento articolo da pubblicarsi sulla testata presso la quale lavora. Ha così inizio una caccia all'uomo con Maggio che viene catturato dai vietnamiti che vogliono sapere perché giri nella giungla tutto da solo e quale sia la sua missione. Costretto, causa reticenza, a stare immerso in acque infestate dai topi o crocefisso nei liquami dei maiali che lo sommergono fino alla testa, riuscirà a evadere in vista del confronto finale con il capitano Harlow, tutto contento per aver formato un uomo definito da tutti un superman così da poterlo uccidere con le sue mani ed essere così, a sua volta, reputato il migliore tra tutti i soldati della regione. Purtroppo per lui, la spunterà, grazie ad astuzia, forza e capacità di mimetizzazione nella giungla, Maggio. Il giovane riuscirà a varcare, sotto il naso degli americani e dei vietnamiti del sud (impossibilitati a sparare per lo schermo che Maggio si è costruito usando come scudo Harlow), il confine della Cambogia, salvo poi esser ucciso a tradimento da un colpo alle spalle. Un epilogo che ricorda un po' certi poliziotteschi di fine anni settanta e che debella la happy end tipicamente americana a favore di un finale concettualmente più giusto, seppur amaro. 

Tornado è dunque un onesto war movie, in cui Margheriti da l'ennesima dimostrazione della propria professionalità. Il budget è misero e, al di là di qualche sfarzosa esplosione (ci sono anche alcuni effetti ripresi da L'Ultimo Cacciatore), non offre molto sotto il profilo tecnico oltre le tante sparatorie e l'innumerevole numero di morti ammazzati. Sono comunque da segnalare un attentato esplosivo, col volto del soldato completamente insanguinato, messo a segno da un bambino vietnamita che vende un giocattolo esplosivo a un marines (ricorda un po' la scena raccontata da Rambo a Trautman a fine pellicola del primo episodio della serie), e il momento gore in cui Maggio si pianta la punta di un machete in una spalla per togliersi una scheggia, con l'operatore che si sofferma sul particolare delle ferita slabbrata. 

Da sottolineare anche i messaggi contro la guerra che serpeggiano per tutto il corso del film e che si scontrano con un temperamento, quello del capitano Harlow, orientato a una guerra a oltranza (accusa gli americani che se ne stanno in patria di essere i colpevoli della sconfitta, ormai imminente, dei marines in Vietnam per via delle loro continue proteste e interferenze politiche). Harlow è un narcisista, ma soprattutto un uomo vendicativo che ha molte influenze in alto. “Io di amici che stanno in alto ho il padreterno. Pensa possa essere sufficiente?” dice un militare a Pigozzi, il giornalista, per poter confidare di salvarsi dalla vendetta del superiore. Esilarante la risposta che ottiene: “Dipende... di che partito è?”

 

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