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Niente da nascondere

Regia di Michael Haneke vedi scheda film

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La recensione su Niente da nascondere

di SalvoVit
9 stelle

locandina italiana

Niente da nascondere (2005): locandina italiana

 

Con un inquadratura fissa enigmatica sulla casa dei protagonisti, Haneke apre un film complesso e destabilizzante, un'opera dalla trama puramente thriller che si allarga e prende sempre più coscienza di se, fino a trasformarsi in qualcosa di enorme, grande e complesso, che col genere non ha nulla a che fare, qualunque esso sia.


Haneke non fa altro che rappresentare la borghesia francese inutile, fastidiosa, ipocrita, razzista e priva di valori in un quadro cinico e a tratti surreale, una borghesia che ha bisogno di sicurezze e di certezze, di equilibri che non si possono distruggere. La borghesia francese crede di essere libera, di essere capace di (auto)gestirsi, di controllarsi ma Haneke ce la rappresenta come una borghesia debole, che crede solo di essere forte ma che ha bisogno continuamente di nascondersi. La famiglia Laurent, la quale simboleggia la borghesia francese (e non), ha sempre bisogno di sicurezze ed equilibri, nascondendosi continuamente tra i muri della casa(-prigione), tra le pareti di libri, e quindi con (falsa) cultura. I tre non si parlano, sembrano robot ingenui programmati per vivere nel presente non interrogandosi su chi gli sta intorno e su se stessi. I tre non sanno nulla di nessuno di loro, se ne stanno zitti, in silenzio. I problemi non importano si possono ignorare perchè forse è meglio pensare che non ci siano, lo sappiamo...è importante mantenere quegli equilibri che hanno da sempre mantenuto in piedi quei muri, quelle pareti (metaforicamente parlando).


Poi ad un tratto arriva qualcosa (qualcuno?), delle cassette. Mostrano la casa della famiglia Laurent, nient'altro. Inquadratura fissa sulla loro casa per la durata di un paio d'ore. Niente è più salvo, niente è più sicuro, la borghesia è stata aggredita dall'esterno, gli equilibri sono stati spezzati, i muri sono caduti, le sicurezze sono assenti e la borghesia esplode mostrando a se stessa il suo lato più oscuro. I problemi non possono più essere ignorati, le discussioni pacifiche si trasformano pian piano in litigi, l'evasione mentale e psicologica si concretizza, e tutti vanno in cerca di qualcosa che possa ristabilire gli equilibri e ridare quella sicurezza. L'unica ancora di salvezza diventa il passato, forse è lì che si nasconde il segreto, il frutto della salvezza.

 

Daniel Auteuil

Niente da nascondere (2005): Daniel Auteuil

 

Haneke si prende gioco di tutti. Si prende gioco della borghesia, certo ma non solo. L'espediente onirico e quasi 'lynchiano' delle cassette riesce a portare lo spettatore lì dove Haneke lo vuole portare. Illude lo spettatore, lo devia e lo porta su una strada assurda, facendolo pensare e portandolo alle stesse conclusioni alle quali arriva Georges, mostrandoci quanto noi spettatori siamo facilmente manipolabili e possiamo tranquillamente essere uguali a quell'uomo, lurido, sporco e inutile che Haneke sta rappresentando e mette come protagonista dell'opera.


Haneke realizza un'opera complessa. Non è più un thriller ma riflessioni su vari temi della realtà sociale e della realtà storica. Non è per nulla velato il riferimento metaforico (neanche tanto) alla Guerra d'Algeria. La famiglia Laurent non simboleggia solo la borghesia con le sue sicurezze e i suoi equilibri che vengono violati dall'esterno, ma simboleggia anche la nazione stessa, la Francia, una Francia che dimentica, che crede di poter andare avanti chiudendo gli occhi quando gli fa comodo (impressionate e significativa la sequenza con la madre che non si ricorda o probabilmente fa finta di non ricordarsi del figlio adottivo algerino, quasi come a rimarcare la metafora per la quale la nazione cerca di far di tutto per dimenticare ciò che gli fa comodo dimenticare). E sarebbe un peccato ridurre il tutto alla storia della Francia e al conflitto algerino. La rappresentazione è applicabile ad ogni nazione, ad ogni popolo che cerca di dimenticare i suoi errori (<<Ogni Paese ha la sua Algeria e ognuno la dimentica come vuole>> parola di Haneke), così come Georges cerca di dimenticare i suoi errori, quasi facendo finta di non averli mai commessi.


Un'opera importante complessa e destabilizzante, di quelle che entrano nello spettatore e ci rimangono per molto, forse anche per sempre. Un'opera che sicuramente divide ma che merita tanto, troppo, basta solo saper accettare quello che Haneke propone e lasciarsi andare ad un racconto che non è nemmeno più tale, ma una importante riflessione storico-sociale.

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