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Yakuza Demon

Regia di Takashi Miike vedi scheda film

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La recensione su Yakuza Demon

di AndreaVenuti
8 stelle

Yakuza Demon (titolo originale Kikoku) è un film giapponese del 2003, diretto da Takashi Miike con Riki Takeuchi protagonista.

 

Sinossi: Bunta Muto, capo clan dell'omonima famiglia, vorrebbe ritirarsi insieme ai suoi sottoposti tuttavia il clan Date, presso cui sono affiliati, la pensa diversamente arrivando addirittura a chiedere a quest'ultimo dei soldi da utilizzare per la guerra contro il famigerato clan Tendo. Muto non dispone della cifra richiesta e s'impegna in prima persona ad eliminare il capo clan dei Tendo; operazione sulla carta suicidia, ed infatti il suo fedele sottoposto Senji (Takeuchi) farà di tutto pur di proteggere il boss e allo stesso tempo mantenere la parola data...

locandina

Yakuza Demon (2003): locandina

Il 2003 è un anno particolare per l'eclettico Miike e nonostante lo status raggiunto di autore trasgressivo, guadagnato grazie ad un numero incredibile di perle uniche e rare (pensiamo solamente ad AuditionIchi The Killer o Rainy Dog), decide un po' a sorpresa di tornare alle umili origini dirigendo due film per il V-Cinema (distribuiti direttamente in home-video senza passare dalle sale) ossia il capolavorone onirico-surrealista Gozu (che poi otterà una distribuzione cinematografica) e questo Kikoku (distribuito in dvd negli Stati Uniti con il titolo Yakuza Demon).

 

Il film in esame è uno yakuza-eiga, genere molto presente nella filmografia di Miike tuttavia fin dalle prime immagini è possibile cogliere un certo desiderio del regista di allontanarsi momentaneamente da una vena grottesca ed eccesiva (suo marchio di fabbrica) abbracciando invece uno stle più realista.

 

L'opera è comunque particolare; da una parte è presente una certa idea romantica di malavita (qualcosa di atipico in Miike) e richiama un maestro del genere classico anni Sessanta come Tai Kato ed il tutto è confermato dall'essenza del protagonista, fedelissimo al suo boss e disposto a tutto pur di proteggerlo; Senji è però un personaggio più complesso del previsto, lui ha compreso come certi codici morali del "Kato pensiero" sono ormai prepotentemente sostituiti da logiche criminali becere e senza scrupoli, tipiche invece di un innovatore del genere del calibro di Kinji Fukasaku (stimatissimo da Miike).

 

Le poetiche così contrastanti di questi due grandi autori riescono a trovare un perfetto punto di contatto ben gestito da Takashi Miike, ed integrato con alcune idee tipiche del suo cinema: ad esempio la mancanza di radici che spinge i suoi protagonisti a cercare nella Yakuza una sorta di famiglia (non a caso Senji è il figlio adottivo del boss Muto).

Singolare ed anticipatorio l'inizio del film con un uomo (Muto) impegnato a far volare, in un campo sperduto ed isolato, un aereo telecomandato. Due uomini dietro di lui osservano in silenzio ed ecco che improvvisamente si inserisce una voice-over che funge da commento interiore di uno dei due soggetti, voce malinconica ma piena di gratitudine verso il suo boss.

L'atmosfera che si respira sembra quasi alludere ad una veglia funebre ed il commento sonoro è rappresentato dalle note di Pange Lingua, celebre inno eucaristico della chiesa cattolica. Inizio dunque pervaso da un forte aura nera che si ripresenterà più volte nel corso della pellicola richiamando quasi, almeno concettualmente, un certo yakuza movie kitaniano, evidenziato ad esempio dalla presenza del mare (una sorta di quiete prima della tempesta).

Questa scena è molto importante nell'economia del film, e l'atto di volare simboleggia la volontà del boss di abbandonare definitivamente il mondo yakuza ma sa benissimo che una cosa del genere è impossibile e lo comprendono anche i suoi sottoposti.

 

Kikoku è uno yakuza eiga nichilista, pieno di scene violente estremamente realistiche; caratteristici alcuni brutali agguati in bianco e nero, rappresentati quasi come documenti d'archivio e Miike propone una sorta di Jitsukoru Eiga 2.0 (film come veri documentari) alla Kinji Fukasaku, omaggiato anche dalla forte presenza della macchina a mano alternata però ad alcune soluzioni più raffinate e ricercare; dal dutch angle alle carrelate orizzontali, scelte studiate atte a gestire un ritmo crescente.

 

Miike inoltre non si risparmia una feroce critica alle forze dell'ordine, incompetenti ed inutili; il corpo di polizia subisce passivamente lo stra-potere delle famiglie Yakuza e quelle poche volte che viene chiamato in causa, ad esempio per offrire protezione a potenziali vittime, non fa che peggiorare la situazione innescando ulteriori violenze. 

 

Yakuza eiga di livello, diverso da alcuni grandi cult di Miike ed il tutto dimostra ancora una volta l'abilità del regista nipponico in grado di girare con stile ed innovazione qualsiasi cosa.

 

                                                                                «Senji il tuo tatuaggio piange»

 

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