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Cannibal Holocaust

Regia di Ruggero Deodato vedi scheda film

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La recensione su Cannibal Holocaust

di Debussy
7 stelle

Quattro reporter scompaiono nella foresta amazzonica. Il professore Monroe è a capo della spedizione inviata per trovare i quattro dispersi. Dopo diverse avventure scoprirà che i giornalisti sono stati uccisi. Ma perlomeno recupererà le pellicole. Tornato a New York decide di visionarle insieme ai direttori di rete che invece vorrebbero immediatamente dare i filmati in pasto al pubblico, sentendo profumo di affari. La verità che verrà fuori dalla visione sarà a dir poco agghiacciante..... Pellicola estrema, tra le più allucinate e controverse della storia del cinema, a metà tra il documentario amatoriale con immagini sgranate e il vero e proprio prodotto cinematografico, CANNIBAL HOLOCAUST è un viaggio interiore nel cuore di una tenebra impenetrabile. L’animo umano si materializza in una giungla sconfinata, dove non c’è gioia nello splendere del sole e le lunghe distese d’acqua si perdono nell’oscurità. Le parole di Conrad diventano le immagini di apertura nel film di Deodato. Il verde amazzonico riempie i titoli di testa e, grazie al tema di Riz Ortolani, appare quale contraltare paradisiaco dell’inferno vietnamita, dove il giallo del fumo e il rosso del fuoco spazzavano via il naturale colore della vegetazione, nel prologo del più celebre adattamento di "Cuore di Tenebra". Come il capitano Willard di "Apocalypse Now", anche il professore Monroe di CANNIBAL HOLOCAUST accetta un incarico che lo porterà a ripercorrere il sentiero di un uomo in bilico tra genio e follia, tra magnificenza e sadismo. Il colonnello Kurtz lascia il posto al regista Alan Yates e alla sua piccola troupe. Se il primo aveva tagliato i ponti col passato per rinascere in forma di divinità agli occhi di un popolo nuovo, il secondo ha mitizzato la propria figura già prima di perdersi. Il viaggio del professore Monroe è difatti una missione di salvataggio che fallisce nella scoperta delle spoglie di Yates ma che permette il recupero del materiale da lui filmato. Nell’impossibilità di salvare l’uomo, Monroe tenta di riportare a casa almeno il regista attraverso la restituzione al pubblico della sua ultima opera. La pellicola sviluppata non è però il prodotto finito, in quanto sprovvista della caratteristica specifica della settima arte, ossia il montaggio. Ciò che si palesa agli occhi del professore è una verità agghiacciante: il cinema, anche quando documentario, è manipolazione. Il lavoro in moviola non è tanto di assemblaggio, quanto di sottrazione. Ma una volta che il trucco viene a mancare, la magia svanisce e resta tutta la tristezza del reale. In un certo senso, e meno nobilmente di "L'Occhio che Uccide" di Powell ma molto modernamente, è come se ci venisse rivelato uno dei demoni principi del fare cinema; l'atteggiamento morboso di chi riprende l'altro e ne attende il momento segreto più scandaloso, la sua morte. Apoteosi sul voyeurismo con occhi che scrutano fino all'indugio dei particolari. Nulla ferma il dovere di filmare, di eternare la fine. Ma CANNIBAL HOLOCAUST è anche una riflessione sadica e ironica, un punto di vista personale sul cosiddetto mondo civilizzato, un atto di accusa nei confronti delle barbarie dei mass- media. E se machiavellicamente parlando "il fine giustifica il mezzo" , CANNIBAL HOLOCAUST trova nel nome della più estrema arte cinematografica la sua ragione d'esistere.

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