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Oro rosso

Regia di Jafar Panahi vedi scheda film

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maxbaroni76

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Oro rosso

di maxbaroni76
9 stelle

Ripensando al film mi è tornato alla mente il finale de ‘il sapore della ciliegia’. Là il regista era Abbas Kiarostami che di ‘Oro rosso’ è lo sceneggiatore. Ma la associazione non derivava da questo, quanto dal motorino che nel finale di quel film meraviglioso percorreva la strada alberata. L’ambientazione è molto diversa ma il motorino mi ha portato a collegare questi due film peraltro legati anche dal suicidio finale (perché di suicidio bisognerebbe parlare anche a proposito di ‘oro rosso’).Sì perché a ben pensarci il motorino è il protagonista assoluto del film di Panahi. Raccogliendo un po’ di dati: è il mezzo attraverso il quale il protagonista si guadagna da vivere, sia legalmente quando con esso porta le pizze da asporto, sia illegalmente quando lo usa per scippare; è il mezzo sul quale parla con gli amici o con la propria futura moglie; è il mezzo con il quale va a fare il colpo che porterà poi al finale. Inoltre il protagonista bada al suo motorino come se fosse il suo grande capitale (la paura che glielo rubino), è su un motorino che un suo collega con il quale poco prima aveva parlato, fa un incidente molto grave. Insomma questo motorino, come e molto più di un buon cavallo per un cow boy è elemento chiave della vita del protagonista, dai rapporti sociali, al lavoro, agli affetti. Da notare che la centralità di questo elemento viene fuori con una splendida evidenza filmica nella scena finale, quando se ne sta bene in vista parcheggiato dall’altra parte della strada ad attendere il suo padrone nel negozio-carcere ormai in trappola. Ma cos’è un motorino? In prima battuta anche vedendo tutte le notazioni raccolte sopra non è altro che un mezzo di trasporto che nel caso specifico diviene pure mezzo di lavoro. Come mezzo di trasporto dovrebbe portare da casa al luogo di lavoro, dal luogo di lavoro ai luoghi di intrattenimento ed ancora a casa. Dovrebbe collegare luoghi, dovrebbe essere elemento di passaggio, per definizione non centrale. Ma in questo film il motorino non porta a nessuna casa propria (o meglio porta anche ad una casa propria, ma ad una casa talmente estranea che quando ci si corica sul letto lo si fa vestiti, come se si fosse in casa d’altri, estranei), porta solo in giro per la città, da una casa altrui ad un’altra casa altrui, e nel tempo e nello spazio che sta in mezzo c’è solo un viaggiare fra il traffico di Teheran ed in questo viaggiare il motorino è come se si trasformasse in una strana casa mobile, dove succedono cose, dove si parla, si fuma, si vede l’ingiustizia della società, ma il tutto sempre in movimento, senza fissa dimora, senza centro. Penso al paravento nero montato sul motorino che fa apparire l'insieme come un piccolo rifugio senza pareti, un piccolo luogo perso nella città. Penso al finale con la prigione scura del negozio ed il motorino là fuori come un cavallo che perde il suo padrone e non si sa che fine mai farà.Il motorino, la case altrui abitate da gente che si conosce sol fugacemente, i rapporti con gli amici per strada sulla scomodità di un sellino, in mezzo al traffico di una Teheran infestata da migliaia di altri motorini e macchine, tutto questo da al film un senso di incredibile estraneità, un senso di sradicamento lancinante. Se a questo si aggiunge poi l'espressione del protagonista, sconfitta sì, ma non desolata, caratterizzata anche essa da una estraneità, come se fosse altrove, non pienamente presente. Penso alla scena che precede il finale con il vagare nella casa del ricco emigrato americano, a caso, fuori posto, eppure impassibile.Al di là dei significati politici e sociali del film, è questa atmosfera scentrata del film ad avermi colpito.

anche su: http://illustratedbaroninews.blogspot.it/

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