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Allan Quatermain e le miniere di re Salomone

Regia di J. Lee Thompson vedi scheda film

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La recensione su Allan Quatermain e le miniere di re Salomone

di alan smithee
4 stelle
IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Verso la metà degli anni Trenta, l'indomito ed affascinante esploratore Allan Quatermain viene ingaggiato da Jesse, la bella e biondissima figlia di un anziano esploratore sparito dalla circolazione dopo essersi messo sulle tracce delle miniere diamantifere di Re Salomone, nell'Africa nera. Per vie traverse i due, accompagnati dal corpulento fedele servo nero dell'esploratore, scoprono che l'uomo è stato rapito perché l'unico in grado di per tradurre il manoscritto che indica ove trovare i preziosi giacimenti. 
I tre saranno protagonisti di una serie di rocambolesche avventure che li porteranno alla meta, oltre che a formare una nuova famiglia.
Da un artigiano specializzato in action e film di cassetta come da sempre è stato il tenace e attivissimo Jack Lee Thompson, l'astuta Cannon dei due famigerati Golan/Globus decide di creare un filone che segua le tracce dei primi due fortunati film su Indiana Jones di Steven Spielberg. 

Per far questo, utilizzano e stravolgono il celebre romanzo di H. Rider Haggard, Le miniere di Re Salomone, già trasposto tre volte prima del loro intervento, ed inscenano un fantasy in costume con tanto di nazisti bonari ed imbranati (a capo dei quali troviamo un macchiettistico e fantozziano Herbert Lom), musiche strombettanti a non finire a cura di Jerry Goldsmith, trabocchetti e tranelli, natura selvaggia e un tentativo di suspence che, qui, con la povertà di mezzi e l'incapacità di fare cinema con la maestria di un grande come è Spielberg, diviene una farsa piena di ripetizioni e puerile come una storiella per bambini.

Richard Chamberlain, pur non più fresco come un ragazzino, preserverebbe pure il physique du role per renderlo adatto al ruolo dell'affascinante avventuriero, mentre Sharon Stone, all'epoca in cerca di consacrazione (e, per ironia della sorte, vicina a raggiungere quel divismo assoluto che le sue rivali nei film ben più strutturati e validi della serie originale di Indiana Jones, invece mai riuscirono ad ottenere, a partire da Karen Allen alla Kate Capshaw andata in sposa al regista Steven), si agita come una scimmietta per tutto il film, ostentando una simpatia che finisce per renderla un tormentato, seppur incantevole burattino.
Effetti speciali al risparmio, e si vede, non fanno che rimpiangere l'originale saga spielberghiana, rinnovando la nostra diffidenza ormai ampiamente sperimentata, riguardo ai film sfornati dalla scaltra ma incauta equope della Cannon.
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