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Execution

Regia di Domenico Paolella vedi scheda film

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La recensione su Execution

di scapigliato
8 stelle

Primo western girato in Israele a Eilat presso i Desert Studios, "Execution", conosciuto in Francia come "Django Prépare Ton Exécucion", è un film in disequilibrio tra spirito innovativo e inciampi vari. Domenico Paolella, storico regista popolare di Maciste, Ercole, Golia e gladiatori vari, passato alla storia per le sue "monache", diresse solo due SW, entrambi notevoli. Il primo "Odio per Odio" è del '67, a ruota segue questo "Execution". Nel cast appare il celebre "John il Bastardo", ovvero John Richardson, anche qui in una prova d'attore niente male. Il bello del film di Paolella non è solo l'ambientazione esageratamente desertica che ricrea il Texas o l'Arizona della storia del West (un po' come hanno fatto sia Alexandre Aja e Martin Weisz con i loro due recenti "Le Colline Hanno gli Occhi" girati in Marocco), ma è anche il tentativo di giocare con gli elementi della tragedia (l'opposizione tra fratelli gemelli, la fatalità nello scontro tra i due amici...), conditi con sadismo e umorismo. Un mix di registri che male non fa, ma dipende tutto dalla resa finale. La messa in scena è buona, pure la fotografia acchiappa come si deve interni ed esterni (e che esterni!), e gli attori, Richardson in testa, non sfigurano. Il laido bandolero messicano, con tanto di mazza clavata, sa di sudicio e questo serve a conferire ai suoi gesti il sadismo sadiano che forse l'autore cercava. Sarà questo bandito a torturare antologicamente il nostro eroe e a renderlo un San Sebastiano in mise western. Poi c'è pure Mimmo Palmara, celebre "L'Uomo che Rinunciò a Per Un pugno di Dollari", qui nella riuscitissima veste di un più che stoico cacciatore di taglie, messo al servizio dei nordisti, per cercare l'ex compagno di rapine Bill (Richardson, of course), e recuperare l'oro. La sua caratterizzazione, notevole perchè Palmara è un signor attore adattissimo a ruoli duri e inflessibili, arriva fino a venti minuti dalla fine. Dopo di che arriva la tragedia, il mélo, che sostituiscono la picaresca del film. I toni sadiani sono circoscritti alle sole torture, e lo humor è limitato alla scena promozionale dei due amici saltimbamchi che inscenano un finto duello in un saloon. Forse è la mise en abyme che prepara lo spettatore al duello finale tra i due amici, anche se duello non sarà. Eppure, proprio in queste fasi finali, Paolella concentra tutta la sua grazia e gira una grande chiusura per la pellicola. Flashback vari ricordano a John Richardson i bei momenti passati con l'amico, ora morto ammazzato fatalmente da lui stesso, mentre lo seppellisce sotto un ammasso di pietre. S'incazza, si strugge e soffre per questa fine, alla quale i due amici erano sì già pronti e preparati grazie al gioco del finto duello che perpetuavano inconsciamente.

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