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Mona Lisa Smile

Regia di Mike Newell vedi scheda film

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La recensione su Mona Lisa Smile

di Pimentella
7 stelle

Uno sguardo al passato, un passo verso il futuro...il potere della parola in senso lato, le sue insidie e le sue infinite ricchezze. Mike Newell crea con Mona Lisa Smile un piccolo gioiello, forse non dei più preziosi , ma uno dei più cari, di gran valore affettivo.

Delizioso. Dolcemente, finemente progressista. Nostalgico, in maniera atemporale. Mona Lisa Smile porta con sé il sapore delle conquiste, delle piccole, grandi conquiste. Il sapore dell’avvenire, di quel che sarà e potrebbe essere. E’ così coinvolgente…quel sentore di nuovo, di possibile, di libertà di pensiero…

Quanto elegiaco, in maniera non retriva, il colore e il profumo di costumi andati, di tradizioni riposte con cura nelle casseforti della memoria, sprone per una vita nuova. E quanto forte si avverte la voglia di cambiare, di uscire allo scoperto…di parlare, non zittire davanti a silenzi imposti.

Su tutto questo si staglia l’incisivo sorriso della Roberts, un sorriso che aprirà il cuore e la testa alla modernità. La sua Monna Lisa forte ed enigmatica quanto basta, appare come una donna caparbia e appassionata, ma con le sue fragilità e con le sue ferite.

Mike Newell dirige un film fresco, delicato ed elegantemente avanguardista. Un film istruttivo dal punto di vista storico-sociale. Un film del quale potrebbe sottolinearsi soprattutto l’accento posto sulla tematica della donna e della sua posizione nella società nei primi anni Cinquanta; su tutti i clichè, le barriere di genere, i pregiudizi che allora esistevano, ma che, ahimè, tutt’oggi, non possono ancora dirsi del tutto, completamente abbandonati. Ma Mona Lisa Smile non è solo questo…è una storia di passione, perseveranza, determinazione. E’una storia d’amore, di amore verso se stesse, di rispetto e dignità.

Non posso non menzionare il ripetuto paragone effettuato tra questo film e l’Attimo fuggente di Peter Weir. Premettendo la mia naturale avversione ai paragoni, che reputo, a priori, prevenuti e limitativi, ammetto la spontaneità di alcuni di essi e un loro valore positivo e costruttivo qualora essi vengano esposti e adoperati cautamente.

Nel nostro caso se determinati punti d’incontro tematici saltano agli occhi, non potendosi negare (perché sarebbe, forse, come negare l’evidenza), non possono questi diventare elementi di confusione che ispirano un giudizio negativo tanto da considerare Mona Lisa Smile una brutta e mal riuscita copia dell’Attimo fuggente. Al contrario, proprio questi elementi potrebbero costituire dei riferimenti validi per un confronto costruttivo…un confronto che ci porterà inevitabilmente a comprendere che sul canovaccio base, si innestano temi del tutto diversi e, soprattutto, volutamente narrati in maniera del tutto diversa.

Non si può quindi , a mio parere, pensare che Newill abbia voluto creare una versione al femminile del film di Weir. Tutt’al più possiamo ritenere che l’avvicinarli ha per noi spettatori qualcosa di romantico, di utile concettualmente.

Per quanto riguarda il cast, è ottimo, a mio parere. Su Julia Roberts appare superfluo ogni giudizio. Meravigliosa nel suo portamento femminino, elegante e delicato, ma percorso da movimenti sicuri e forti di donna anticonvenzionale, fuori dal gruppo. Bravissime , ancora, le fiorenti Kirsten Dunst, Maggie Gyllenhaal, Ginnifer Goodwin, che ho trovato perfettamente calate nella parte.

Ho apprezzato, inoltre, particolarmente il personaggio di Nancy Abbey, coloritamente caratterizzante, antonomastico, come saltato fuori da uno spot dell’epoca sulla perfetta moglie/donna di casa e interpretato ad hoc da Marcia Gay Harden.

Tecnicamente, dal basso delle mie conoscenze, mi appaiono altresì apprezzabili fotografia,montaggio, costumi e sceneggiatura…i colori, le luci e le sue sfumature, quelli, li ho trovati bellissimi.

Il film è insomma riuscito…Mike Newell tratta argomenti di una certa rilevanza senza appesantire la trama (si pensi ,per esempio,oltre al ruolo della donna, al comportamento e relative conseguenze della professoressa Amanda Armstrong) né relegando alla superficie il suo film. C’è un giusto equilibrio che rende la visione piacevole ed edificante allo stesso tempo.

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