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Alexandra's Project

Regia di Rolf de Heer vedi scheda film

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David Cronenberg

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La recensione su Alexandra's Project

di David Cronenberg
8 stelle

Oggi è il compleanno di Steve, felicemente sposato, padre di due figli e impiegato d’ufficio in carriera. Steve esce di casa, classica villetta a schiera, giardinetto con annaffiatoio automatico e posto macchina di fronte all’edificio, non vede l’ora di arrivare in ufficio per sentirsi fare gli auguri da tutti e sperare che lo chiamino dalla direzione per un’eventuale promozione. E così accade, tutto come aveva previsto, adesso non vede l’ora di tornare a casa, per diramare ai familiari la buona nuova e godersi la sua ormai consueta festa a sorpresa. Ma quando arriva a casa una sorpresa terribile lo aspetta, la casa è quasi sgombra, le luci sono state tutte tolte e in nessuna stanza vi è la presenza di alcun conoscente, solo sul televisore in sala vi è un pacchetto regalo, contenente una videocassetta con su scritto “guardami”. All’inizio della visione si sentirà divertito pregustando un ulteriore sorpresa, ma più scorre il nastro della videocassetta, più il viaggio imperscrutabile all’interno della sua coscienza che la cassetta mostra, apparirà imprescindibile.
È ormai opinione comune, almeno per i cultori di un cinema d’essai, che l’olandese naturalizzato australiano Rolf de Heer sia uno dei più interessanti, completi e geniali registi del momento. Interessante perché è l’unico ad utilizzare veramente la macchina da presa come mezzo d’insinuazione coscienziosa, completo perché riesce a spaziare in più generi senza mai apparire comunque “di genere” e geniale perché è l’unico oggi ad avere cognizione della cognizione, film nella realtà/realtà nel film, e a sapere veramente bene come si gira un gran film. Questo “Alexandra’s Project”, suo sesto film, è come i precedenti cinque, “Contenitore” di tutte le qualità del regista, che risaltano nella predizione del “ribaltamento” e quindi nella suspense, o nello svolgimento/accrescimento del nuovo “ribaltamento”, che porta lo spettatore proprio a decidere da che parte stare, vittima/carnefice o carnefice/vittima. Ed è proprio la sensazione di rivalsa interiore che il regista olandese riesce a trasmettere allo spettatore in tutti i suoi film, una sensazione malleabile a vari stadi di drammaticità. Qui è la televisione che ci unisce alla realtà, la televisione nella televisione ci trasporta quasi in un aula giudiziaria di sadismo e sottomissione, che avevamo già visto anche se in maniera differente in un altro capolavoro percettivo/televisivo quale “Videodrome” di David Cronenberg. “Alexandra’s project” è però anche opera di transizione tecnologico/sessuale, che si avvicina anche all’ultimo Tsukamoto, e che mostra non a caso inizialmente, quasi a scopo pre cognitivo, una panoramica a filo d’asfalto di un quartiere monotono, grigio, malato ma abitualmente normale, che si identifica perfettamente con la mente del protagonista, malata, depravata e immorale ma per lo stesso, abitualmente normale. Il genio, in “Alexandra’s Project” ma come in tutto il cinema di Rolf de Heer, sta nel non far sapere allo spettatore se desiderare di più la massima punizione per un mondo abituato e normalizzato dalle sue raccapriccianti azioni impudenti o per un mondo represso e sodomizzato, da un lungo e ripetitivo quartiere vizioso, che di punto in bianco si ribella dopo aver da sempre goduto del malato piacere.
In concorso al 53° Festival Internazionale di Berlino.

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