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Edipo Re

Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film

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La recensione su Edipo Re

di Gangs 87
7 stelle

Anni ’20, una bambino nasce in un’ignota città del nord da una coppia di giovani. Il padre, militare, si sente minacciato dall’arrivo del bambino che crede capace di portargli via l’amore della moglie. La scena si sposta così nell’antica Grecia e ci viene narrato il mito di Edipo, abbandonato dai genitori che temono l’avverarsi della funesta profezia dell’oracolo, che gli precide la morte del padre per mano del figlio che sposa la madre e manda la città in rovina, viene cresciuto dai reali di Corinto fin quando, ormai adulto, non interroga l’oracolo che gli rivela la funesta profezia di cui sopra così scappa, tornando a Tebe e mettendo in atto tutto ciò che venne profetizzato. La scena poi ritorna ai giorni nostri, con il bambino che acque nella città del nord che nel frattempo è diventato cieco e triste e che torna a sorridere solo tornando nei posti del suo passato.

 

La visione che Pasolini mostra del noto mito greco si alterna tra il presente ed un passato molto remoto, come a volerne rimarcare la marginalità del tempo che passa e del nulla che muta. Le paure degli uomini, i loro condizionamenti mentali restano intatti e la correlazione che coesiste tra le due storie narrate, seppur ambientate in due epoche temporalmente tanto distanti, ne esalta la gravità.

 

Franco Citti, che torna protagonista dopo qualche comparsa, è Edipo, vittima inconsapevole del destino, lacerato dalle conseguenze insane dei suoi gesti si acceca pur di non continuare a guardare ciò che ha fatto, che ha permesso si compisse; Citti è mutevole, si adatta al ruolo che interpreta ora cullandosi, ora disperandosi della sorte che lo pervade e ci regale un Edipo umano, sopraffatto dal dolore in ogni sguardo e in ogni gesto.

 

Pier Paolo Pasolini compone un dramma moderno utilizzando uno sguardo antico. Notevole la scelta dei tempi, del modo in cui decide di inanellare il racconto, come bellissima è l’ambientazione marocchina, desertica che simboleggia l’anima arida di chi brama amore e non riesce a riconoscerlo. L’utilizzo di certune inquadrature, come la scena dell’abbandono del piccolo re sul monte portato a spalla da uno schiavo o piuttosto il vagare di Edipo quando scappa da Corinto e giunge a Tebe, si servono di una fotografia dai colori accennati ma concreti che materializzano il racconto ricalcandone i contorni.

 

Da sempre definito da PPP il suo film più autobiografico, Edipo Re stupisce per la semplicità (a cui PPP non ci ha abituati) con cui descrive i fatti rendendoli percepibili, empatici, senza l’utilizzo di parabole narrative; si serve di un cast di comprimari, oltre a Franco Citti ritroviamo Silvana Mangano (già protagonista di Le streghe) ancora una volta nei panni di donna/perdizione, strumento di amore e desiderio, ancora una volta capace di portare sullo schermo due protagoniste, Giocasta in particolar modo, dall’estro forte in modo irreprensibile.

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