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Il prezzo della libertà

Regia di Tim Robbins vedi scheda film

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La recensione su Il prezzo della libertà

di Bebert
10 stelle

Il film tratta di tanti argomenti storici, politici e sociali e ci si potrebbe scrivere un libro. Anzi, il regista Tim Robbins ha cercato di spiegare meglio il proprio lavoro con la pubblicazione della sceneggiatura con vari saggi e foto del complesso periodo degli anni ’30. Mi limito a scrivere di ciò che maggiormente mi riguarda in ambito artistico e vale riportare un dialogo che avviene tra il magnate dell’acciaio Mathers (Philip Baker Hall), che è un personaggio inventato, Nelson Rockefeller (John Cusack) e William Randolph Hearst, il famoso editore - imprenditore dal patrimonio smisurato, preso come modello del protagonista di "Citizen Kane", il capolavoro cinematografico di Orson Welles (1941). E’ un dialogo tra ricchi, non politici, sono loro a decidere:

 

M. Nelson finanzierà la nuova corrente artistica, una mostra itinerante attraverso l'Europa che mette in luce gli artisti americani: niente politica.

R. Esatto, pittura astratta, forme e colori, niente politica.

H. E i miei giornali la saluteranno come una novità folgorante. Santificheremo gli artisti, li faremo diventare ricchi e di lì a poco tutti gli artisti seguiranno le nuove tendenze.

M. Tu credi? C'è qualcosa negli artisti che li rende sempre attenti al sociale.

R. Questo è vero...

H. Beh... nessuno li pagherà, in questo caso.

R. Non circoleranno, non avranno influenza.

M. E per non morire di fame si adatteranno, sopravvivenza!

H. E si sa che gli artisti sono puttane, come tutti noi.

 

“Una storia (quasi) vera” è il sottotitolo iniziale del film: verosimile è anche il progetto delineato dai “potenti” americani perché pare un colloquio in cui si espone la nocività dell’arte fin dai tempi di Platone, che estrometteva gli artisti dal suo concetto di città ideale: la mimesi della realtà era un pericolo per la società. Siamo negli anni della Grande Depressione e gli artisti sono chiamati a dare supporto alle fatiche della povertà, che va sopportata: il WPA (Works Progress Administration) cerca di creare anche posti di lavoro per questo motivo. Le opere d'arte prese come esempi illustri sono due: il murales "Man at the Crossroads" di Diego Rivera (interpretato da Ruben Blades) e l'opera teatrale "The Cradle Will Rock" di Marc Blitzstein (Hank Azaria), la prima finanziata dal milionario Rockefeller e la seconda dal FTP (Federal Theatre Project). Ora, non tutte le date collimano ma la pellicola cerca di dare il senso delle contraddizioni e delle drammatiche inconciliabilità fra committenti ed artisti.

 

C'è il dramma della crisi economica che ha sconvolto il Paese intero (ma non i più facoltosi) e c'è lo spettro del Comunismo. C'è aria del conflitto mondiale che poi verrà e il commercio col Fascismo. Gli americani vendono ancora acciaio a Germania e Italia (che stanno mandando avanti la propria economia accrescendo gli apparati militari). Margherita Sarfatti (Susan Sarandon) è lì, ambasciatrice di Mussolini a scambiare opere di Leonardo, Tiepolo, Boccioni con denaro contante e pare disillusa, quasi consapevole che i fatti debbano andare fatalmente verso il disastro. E forse è proprio così, l'impressione che traiamo è che la discesa verso la Seconda Guerra Mondiale coincida perfettamente con la ripresa economica statunitense.

 

Il New Deal permette di far nascere uomini della levatura di Orson Welles (Angus Macfadien), John Housemann (Cary Elwes) ma anche di mantenere il controllo dell'arte, così come controlla i sindacati dei lavoratori. L'"Uomo al Crocevia" di Rivera è una metafora della modernità: al centro c'è un lavoratore che ha le "leve del comando" e sostituisce il sottostante minaccioso pugno che regge la sfera della conoscenza scientifica. Intorno a quest'uomo compaiono varie figure simboliche, del Capitalismo e del Socialismo: alla sinistra (per chi guarda), operai, Darwin e una macchina per i raggi X, soldati in guerra, repressioni della polizia, una festa di ricchi e un Giove che non può lanciare fulmini. Dall'altra, manifestanti comunisti e uomini di potere politico, tra cui Lenin e la statua di Cesare senza testa (e con una svastica). Due ellissi s'incrociano al centro della composizione: in una, le meraviglie del cosmo; nell'altra, l'infinitamente piccolo che ci svela il microscopio, tra cui i bacilli di malattie. Il fondo è di una natura rigogliosa, forse unica vera risorsa dell'umanità. L'opera è inaccettabile, soprattutto per la presenza di Lenin che compie anche un gesto di fratellanza tra i popoli. Si cerca un compromesso impossibile, il resto è risaputo: l'opera sarà distrutta e ridipinta dall'autore in Messico. Non ci sono frammenti, ma qualcosa resta sempre...

 

L'opera di teatro "The Cradle Will Rock" urtò contro la disapprovazione per evidenti contenuti di sinistra: è la storia di una prostituta incarcerata per essersi negata all'uomo più ricco della città, Mr. Mister e della successiva reclusione di un sindacalista e del "Comitato delle Libertà", da sempre fedele al padrone di "Steel Town". Vi sono varie vicende ed un finale in cui Sindacato, lavoratori e uomini comuni, hanno la meglio. Come per il murales, è intollerabile permettere un musical che, si teme, fomenti la ribellione, se non la rivoluzione.

 

Nel film è tutto sapientemente miscelato e gli attori della commedia sono anche personaggi anonimi (del film), ognuno con la propria storia di miseria materiale, non morale. Recitano quindi Emily Watson nel ruolo di una senzatetto in cerca di lavoro, Joan Cusack, impiegata senza cognizione dell'enorme dramma che si svolge e infine Bill Murray, attore ventriloquo che lascia dire tutto al suo burattino. Un film da non perdere. E permettetemi di scrivere che ciò che a me è rimasta (tra le tante), è l'impressione che, a meno di grandi opere o grandi azioni, siamo tutti quel burattino.

Cosa cambierei

In Italia il film è uscito nelle sale con quattro anni di ritardo e con tagli di trentacinque minuti; anche il DVD è così ridotto: non perché "siamo italiani", perché la Casa di Distribuzione si arroga il diritto di farlo, non essendoci una chiara norma.

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