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Duel

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Duel

di maso
9 stelle

Partendo dalla strada provinciale della televisione Spielberg approdò gioco forza alla grande corsia delle sale cinematografiche con questo thriller metaforico tesissimo che fu rieditato ed esteso rispetto alla versione diffusa sul piccolo schermo proprio per la indiscutibile qualità estetica ed emozionale.

L'America arida e desertica con la sua arteria stradale che la taglia longitudinalmente è la location sterminata dove far muovere l'uomo qualunque interpretato ottimamente da Dennis Weaver, un commesso viaggiatore nella sua automobile che si ritrova ha dover sfuggire ad un autocisterna che lo ha preso di mira.

Il film è tutto qua ma Spielberg lo fa apparire stilisticamente ricchissimo fluttuando dentro e fuori l'automobile con una leggerezza da maestro che ancora non era, le prospettive e le forme scelte per costruire il film fanno scorrere i novanta minuti di durata come un bolide sulla corsia di sorpasso, non solo le sequenze di inseguimento sono formidabili ma anche quelle di sospensione come la sosta nell'autogrill del protagonista, risolta con un lungo piano sequenza che lo segue dal suo ingresso nel locale, poi nel bagno mentre riflette sul pericolo che ormai aleggia su di lui fin quando si riaffaccia alla finestra e vede il camion che lo attende per ricominciare la sfida.

La scelta di non mostrare mai il volto del camionista da un significato preciso alla situazione che si è creata nel film: il camion è come un imprevisto che non vorresti mai incontrare ma regolarmente la vita nasconde queste insidie contro le quali ognuno di noi è condannato a sbattere il muso, in un primo momento l'uomo qualunque, che non a caso si chiama David Mann, cerca una via di fuga o un aiuto esterno come nella scena della cabina telefonica pregna di suspance perchè lo spettatore è consapevole che il camion piomberà sulla sua preda come un rapace, poi però accetta la sfida perchè ognuno di noi deve risolvere i propri problemi affrontandoli in prima persona, è anche per questo che i personaggi di contorno sono solo delle ombre che osservano senza muovere un dito.

Fare un film incentrato su un solo personaggio ed un mostro che lo insegue era una grande scommessa e Spielberg l'ha stravinta facendo tesoro degli esempi a fior di pelle portati da Hitchcock nella sua filmografia, aggiornanti ad una situazione di moda nel cinema di quegli anni, il lungo inseguimento di "Duel" fa impallidire classici come "The french connection" o "Bullit" con l'aggiunta di situazioni da cardiopalma del cinema thriller, come quella in cui la macchina comincia a dare segni di cedimento: fumo a profusione e primi piani delle spie dei freni, della benzina e dell'olio alternati con la paura isterica del protagonista mentre il mostro d'acciaio sta nuovamente per comparire a tutta velocità negli specchietti retrovisori.

"Duel" è l'ennesima dimostrazione che il talento puro di un regista si esprime senza difficoltà anche con il minimo indispensabile a disposizione, come sempre sono le idee che prevalgono sul budget e indubbiamente questo soggetto era pane per i denti di Spielberg che lo svilupperà in maniera più mastodontica e remunerativa con "Lo Squalo".

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