Regia di Peter Kosminsky vedi scheda film
Il libro di Janet Fitch dal quale Peter Kosminsky ha tratto il film è stato sponsorizzato dalla potente star della televisione americana Ophra Winfrey ed è diventato un best seller. Personaggi, intreccio, ferite ulcerate, psicologie “fuori controllo” sono più da soap-opera che da romanzo classico. Questo significa una storia convenzionale e non imprevedibile. Ma il film è ben fatto e ben recitato. Due le traiettorie principali: la prima è il rapporto turbolento e tormentato tra una madre Ingrid (Pfeiffer), sicura di sé, condannata a trent’anni di carcere e una figlia quindicenne Astrid (Lohman) vulnerabile, soggiogata dalla figura materna che idolatra; la seconda è l’impalcatura da melodramma femminile. Il punto focale della vicenda è l’ingresso nella maturità della ragazza che cerca di uscire dal cono d’ombra di un amore che può essere velenoso (come suggerisce il metaforico titolo floreale). Astrid conoscerà altre “madri” (Robin Wright Penn, Renée Zellweger), altre case e in ogni incontro imparerà altre lezioni, farà i conti con tortuosi scarti emozionali. Nel cast di prim’ordine (una delle caratteristiche godibili del film), Alison Lohman regge in modo ammirevole il confronto con le veterane dello schermo e “White Oleander” è il suo film.
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