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Dr. Jekyll e Mr. Hyde

Regia di John S. Robertson vedi scheda film

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La recensione su Dr. Jekyll e Mr. Hyde

di OGM
10 stelle

Il cinema degli opposti. Questo film trasforma il tema della doppia personalità in un dualismo che domina l’intera struttura della pellicola, compresi i commenti narrativi (“When the wine was in and the ladies were out”) ed i testi dei dialoghi (“You are Paradise for the eyes, but Hell for the soul”). Il contrasto non è, soltanto, tra bene e male (Jekyll vs. Hyde), ma tra carità ed edonismo (Jekyll vs. Carew), e tra progressismo e conservatorismo nella pratica scientifica (Jekyll vs. Lanyon). La convivenza tra gli opposti, incarnata dal protagonista, è brillantemente anticipata da aforismi di vario tipo, basati su ossimori, come “Isn’it serving others that one develops oneself?” (Non è servendo gli altri che si sviluppa il proprio io?) oppure “The only way to get rid of a temptation is to yield to it.” (L’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi). Questa problematica convivenza, di cui il protagonista diventa consapevole durante un episodio di seduzione, è quella che egli si propone di risolvere creando Mr. Hyde. Lo scopo è separare la natura malvagia dal resto della sua personalità, riservandole un corpo a parte, una veste in cui dare libero sfogo ai più bassi istinti senza macchiare la propria anima. Hyde è concepito come una sorta di identità rifugio, dentro cui peccare liberamente, senza essere riconosciuti, e lasciando quindi immacolata la propria immagine pubblica: la funzione è, insomma, quella di un “fake” sociale. La pozione, difatti, non è da intendersi come una droga che scioglie i freni inibitori, ma come una sostanza che cambia l’aspetto, creando una maschera mostruosa, dietro cui sia impossibile scorgere i connotati originali. La valenza del mutamento è quindi di carattere puramente strumentale, non ha alcuna componente passionale o creativa. La via del male è rappresentata unicamente come la scelta, essenzialmente fisiologica, di seguire una certa connaturata inclinazione. Non a caso il film appare statico, in una maniera atipica per il cinema muto. La drammaticità è solo accennata, affidata ad icone più simboliche che espressive, a dialoghi a fior di labbra di cui lo spettatore deve intuire il contenuto a partire dal contesto logico. Ciò rafforza la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera incentrata sui concetti, più che sui sentimenti, e sui ruoli e sulle convinzioni dei personaggi, più che sul loro vissuto emozionale. La tragedia di Jekyll nasce dall’audace tentativo di salvare, ad ogni costo, la propria posizione all’interno della comunità, ossia la sua reputazione di medico e la sua condizione di promesso sposo della bella e ricca Millicent Carew. Ma è proprio questa situazione che egli finisce, involontariamente, per distruggere. Questa versione di “Dr. Jekyll and Mr. Hyde” è una interessante riduzione del racconto ad un pessimistico gioco di paradossi, che da contrasti si sviluppano in dilemmi, sfuggendo, infine, al controllo di chi ha avuto l’ardire di affrontarli.

Sulla trama

Il racconto è un piccolo saggio filosofico sulla natura del male, che prescinde da ogni valutazione etica, analizzandone esclusivamente i dati fenomenologici. Da questo punto di vista è particolarmente illuminante l’ultima fase dell’evoluzione, in cui Hyde finisce per prevalere su Jekyll: ciò dimostra che il male non è affatto una natura secondaria dell’uomo, relegabile, come lo scienziato avrebbe voluto, in una dépendance da frequentare occasionalmente; essa occupa, invece, una intera metà dell’io. Inoltre, il male, di per sé, non vuole affatto nascondersi, cerca solo i luoghi a lui più congeniali (i bassifondi) per esercitare le proprie attività predatorie; piuttosto, è la parte “buona” di noi tutti che vorrebbe coprirlo e sospingerlo via, per sincera vergogna o per un fatto di tornaconto personale. Quando ciò non è più possibile, la morte può apparire come l’unica via d’uscita.

Sulla colonna sonora

Travolgenti ed inquietanti sonorità d'organo.

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