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Perfect Days

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Perfect Days

di John_Nada1975
7 stelle

"Niente vita amorosa, per chi è al verde".

 

"Le musicassette sono tornate di moda alla grande non lo sapevi?"

 

"Ma tu sei da solo, ce l'hai una moglie? E come ci si sente, rimasti da soli alla tua età?"

 

Con più di un tratto in comune con l'ancora più emotivamente potente "Still Life" di Uberto Pasolini, Wenders realizza perlomeno il suo film migliore da una ventina d'anni, dai tempi di "La Terra dell'abbondanza" con John Diehl, non rifuggendo però da un pò di faciloneria e furbe banalità, come ad esempio nella scelta degli importanti pezzi musicali, che saranno pure tra le sue passioni personali da sempre, ma sono anche veramente troppo troppo sfruttati e scontati.

Apprezzabile apologo sul vero male primario dei tempi moderni nelle società a capitalismo avanzato, la solitudine dell'individuo, ma anche in cerca di facili consensi critici, da una critica che poi essendo egemonizzata da un certo modo di pensare, non ha mai abbandonato di plaudere a Wenders. Anche negli ultimi decenni di prove veramente sature e oramai con più nulla di spontaneo, nei panni purtroppo di "Maestro" ma anche di colui come avrebbe detto Monicelli,  oramai "riveritissimo trombone".

Quindi più o meno la fine, come creatività e freschezza.

Con questo film battente bandiera nipponica e ambientato nella Tokyo che Wenders già frequenta dagli anni '80, egli porta a compimento come forse non mai la sua aspirazione di cinema minimale ma che trae il massimo della simbologia e del significato dalle cose piccole, del Maestro Ôzu.

Cogliendo una certa spontaneità di annotazioni, e felici particolari della serenità che può derivare da una perlomeno sicura routine di vita lavorativa e quotidiana, comoda e "adagiata", che a Wenders è mancata in molti troppi film, dopo i grandi film che oggettivamente aveva diretto negli anni '70 e '80. 

Un ritorno all'insegna di una quieta rassegnazione nei conforti dei ricordi, della musica dei decenni citati, come della letteratura e della vera cultura di spessore, del passato anche quando esso contiene una splendida malinconia che sovrasta tutto il presente, e che affiora nel territorio libero degli onirismi notturni, con un qualcosa di lacerante e doloroso; il quale inizia a riaffiorare pure nella realtà con la bella sequenza- a oltre 1 hr. e 5' di film su 125'-, in cui il protagonista(molto bravo) inizia a parlare e scherzare, seduto sullo sgabello al bancone del ristorante, con la titolare sua amica. 

Bella la fotografia soprattutto nelle scene notturne e negli interni con poca luce, e ispira simpatia fin dal primo momento la scelta del formato cinematografico 4:3.

Al 99,9% comunque vincerà l'Oscar come Miglior Film Straniero, non ce n'è "pane secco" come si dice labronicamente, per capitani e caporali di complemento, pompati e strombazzati dai media del nostro sistema, che come praticamente tutto, anche ciò "che deve piacere e valere", ce lo calano "dall'alto".

 

John Nada

 

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