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Acqua tiepida sotto un ponte rosso

Regia di Shohei Imamura vedi scheda film

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La recensione su Acqua tiepida sotto un ponte rosso

di EightAndHalf
8 stelle

Talete sarebbe stato contento di vedere tale celebrazione dell'acqua. Imamura infatti dirige un divertente inno alla vita che mischia panteismo, grottesco e amore, senza prurigine né trovate superflue. Un film unico, soprattutto nel contesto del cinema orientale contemporaneo. Mentre lo sguardo di Imamura è tenero e mai minaccioso, nonostante la tematica possa apparire scottante (un'eiaculazione femminile che è espulsione di un'acqua rigenerante e "magica"), il film ci proietta verso un mondo fiabesco raggiungibile tramite un ponte rosso (quello del titolo) che è anche ponte fra realtà e sogno vitale, fra una vita bassa e miserevole fatta di ipocrisie, separazioni e morte (un film sulla vita come questo inizia proprio con la scoperta di un cadavere) e una vita non certo perfetta ma organicamente esilarante, felicemente pansessuale, allegramente destabilizzante. Le inquadrature di Imamura alternano un tono minimalista che si limita ad osservare (e si scontra con l'ausilio di graziose musiche liete e giocose) e squarci di surreale assai legati all'evento rappresentato, e che coincidono a volte con i rapporti sessuali mai espliciti ma neanche celati dei due protagonisti, a volte con delle sequenze oniriche che giocano un po' con i fenomeni della natura e con il cinema stesso (il corpo globulare nell'universo come fa a non ricordare 2001?). Oltre a giocare molto con il tradizionalismo nipponico spesso intoccabile, almeno al cinema, Imamura va ben oltre la semplice provocazione e si cimenta in una favola erotica in cui l'erotismo è libertà, divertimento e joie de vivre, senza sottotesti sessuofobi ma con la volontà di riscoprire l'origine della natura umana nel rapporto con la natura stessa (onnipresente in Imamura, in particolare proprio la fauna marina) e in quello con le pulsioni più basse (anche dal punto di vista fisico), non privando comunque la pellicola di riferimenti seri e importanti sull'ostentazione della virilità, il maschilismo di una società che invece sembra funzionare al contrario (le donne in realtà sono molto più potenti, e questo provoca evidente gioia nello sguardo del regista come in molti uomini nel film, senza però ammissione alcuna), il razzismo e, allo stesso tempo, un ritorno a tradizioni panteistiche e irrazionali (niente ci vieta di vedere nella protagonista la stessa Madre Natura, o se proprio non nella protagonista, nella discendenza della sua famiglia, perché anche la nonna possedeva lo stesso dono). Non siamo certo ai livelli di Unagi, assai più pessimistico e molto più visionario nel suo cambiare tono in continuazione (dal giallo alla commedia, dall'horror alla tragedia), ma questa visione della sessualità, lontana dall'Occidente e da tutte le criticate perversioni, mette davvero allegria e ispira un ottimismo che - Imamura ne è cosciente - forse è possibile solo nella favola, ma che è in grado di farci pensare seriamente. Da recuperare, anche perché è passato molto inosservato.

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