Regia di Iain Softley vedi scheda film
Trasposizione cinematografica alquanto fedele dell'omonimo romanzo di Gene Brower. Non originalissimo, ma nobilitato dalle eccellenti prove attoriali di Jeff Bridges e del grandissimo Kevin Spacey.
Trasposizione cinematografica dell'acclamato, omonimo romanzo di Gene Brewer, "K-Pax" risulta un incrocio abbastanza riuscito tra fantascienza, dramma a tema malattie psichiatriche e commedia. Se prese a se, nessuna delle tre sopracitate componenti risulterebbe particolarmente originale, mettiamolo subito in chiaro, ma il melange a cui l'autore è riuscito a dar vita val bene una visione. Il plot ruota attorno a Prot, misterioso, sedicente alieno arrivato in qualche modo nella clinica diretta dall'empatico dottor Powell, e sulla di questi corsa contro il tempo per scoprire chi effettivamente sia Prot, prima che la dura legge della burocrazia lo condanni all'elettroshock e/o ad altre egualmente poco simpatiche "cure" definitive. Il meglio del film risulta senza ombra di dubbio la straordinaria, eclettica performance del grandissimo Kevin Spacey, oggi trattato da Hollywood come vero e proprio appestato ma popolarissimo negli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo, nei panni del protagonista Prot. Gli tiene degnamente testa un altro nome forte di quel periodo, Jeff Bridges, nei panni dello psichiatra. Nel complesso, siamo di fronte a un film che va a posizionarsi in quel vasto insieme definibile come 'prodotto medio hollywoodiano', e cioè tecnicamente ben confezionato, ragionevolmente ben scritto e strutturato, ma che non è esente da quei sentimentalismi praticamente d'obbligo in produzioni di questo tipo. Al botteghino le cose andarono malino, con 65 milioni incassati, che non sarebbero affatto pochi, ma ben 68 spesi per realizzarlo e distribuirlo.
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