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E morì con un felafel in mano

Regia di Richard Lowenstein vedi scheda film

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La recensione su E morì con un felafel in mano

di FilmTv Rivista
8 stelle

Se vi dicessero che sta per uscire un film sulle difficoltà della convivenza, pensereste subito (giustamente) a uno di quei tremendi film italiani “due camere e cucina”. Ma “E morì con un felafel in mano” è diretto dall’australiano Richard Lowenstein, che già in passato ha dato ottime prove di visionarietà (“Dogs in Space” su tutti). Ci si muove, quindi, in altri territori. Il fatto che Danny (Noah Taylor) stia vivendo la convivenza con amici numero 47, e durante il film arrivi alla numero 49, è uno spunto per spiazzanti incursioni oniriche, piuttosto che per pallose riflessioni sociologiche. Anche perché Danny è uno scrittore, o vorrebbe essere tale, una fedele Underwood lo accompagna dovunque vada e forse ciò che vediamo è tutta una sua fantasia. Lowenstein “apre” moltissimo il romanzo di John Birmingham (uscito in Italia per Theoria, ma ora la Fandango, anche produttrice del film, lo ripropone) inventando il personaggio di Danny che è sostanzialmente un “doppio” dello scrittore. C’è nel film un senso di “vorrei ma non posso”, una ricerca ossessiva del divertente, ma c’è anche un lavoro su ambienti e fotografia davvero notevole. Un oggetto filmico stravagante, esotico, dal sapore insolito. Come un felafel.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 48 del 2001

Autore: Alberto Crespi

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