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Omicidio in Paradiso

Regia di Jean Becker vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Omicidio in Paradiso

di Theophilus
2 stelle

UN CRIME AU PARADIS

 

 

Non ci ha convinto questa commedia di Jean Becker. Alcuni tocchi pretenziosamente noir non riescono a sollevarla da un tono piuttosto dimesso a cui viene condannata da  un sapore strapaesano e da una comicità rurale che suonano un po’ fessi, con quella loro intonazione che vorrebbe forse essere di altri tempi, ma che invece sembra riecheggiare il falso mondo televisivo contemporaneo. I personaggi non sono in realtà tali, bensì macchiette tutt’al più uscite da spot pubblicitari, prive di nerbo, senza un reale approfondimento psicologico e al servizio di una sceneggiatura che affonda svogliatamente i denti in un terreno stracco. Le battute sono scontate e ben lontane non solo da quella corrosività promessaci da alcune note sintetiche lette sui giornali, ma anche da momenti esilaranti che era lecito attendersi per via della presenza di attori quali Jacques Villeret (chi non lo ricorda in Le diner des cons di Francis Veber?)  o André  Dussollier, che aveva recitato in parti non drammatiche con esiti ben diversi: ad esempio in Trois hommes et un couffin di  Coline Serreau. Entrambi gli attori erano già stati, invece, felici protagonisti del precedente film di Jean Becker Les enfants du Marais del 1999. Anche il titolo del film –  tradotto in italiano con Omicidio in Paradiso – sa diventare irritante per quel troppo facile contrappasso che, dopo averci fatto sperare in una situazione paradossalmente comica, si risolve in un fiacco doppio senso per via del nome della fattoria, Paradiso per l’appunto, dove una lunatica, ma molto manierata e poco credibile moglie, impersonata dalla pur brava Josiane Balasko, rende impossibile la vita al marito vittima, un cucciolone perennemente bastonato. Dai dispettucci fra coniugi si arriva inopinatamente e casualmente alla premeditazione dell’omicidio: lei col sogno di congiungersi coll’angelo nero che l’ha seguita nella sua riabilitazione dopo un incidente casalingo (non ci sarà una sorta di doppia giustificazione razzista nel porre un terapista di colore quale oggetto del desiderio di una cicciona bisbetica e sgraziata?), lui che vuole vendicarsi di quella cattivona che gli ha bruciato la collezione di francobolli. A questo punto può interessare a qualcuno sapere chi dei due l’avrà vinta? No, è una storia che non si regge in piedi e di cui non si sentiva la mancanza. Si passa dalla pochade (entro i cui confini sarebbe stato meglio che il film rimanesse) ad un tono di finto dramma a cui non riesce a credere nemmeno il registache, difatti, non sa far di meglio che tornare ben presto sui propri passi, rifugiandosi nella farsa di un processo da burletta e colorando il finale con toni buonistici conferiti  dalla presenza dell’immancabile maestra – il cacio sui maccheroni  - non si sa se più grillo parlante o fata turchina.

Ben poca cosa. 

 

Theophilus     

17 gennaio 2002

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