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Comandante

Regia di Edoardo De Angelis vedi scheda film

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La recensione su Comandante

di unicorno22
7 stelle

“Comandante” non è un film politico, o almeno non ha questa ambizione, ma ne seguirà senz’altro un dibattito ideologico che porrà la pellicola tra la falce e il fascio littorio.

 

Già dopo la proiezione di apertura al festival di Venezia provenivano attacchi da entrambe le parti: chi lo ha ritenuto troppo patriottico (come se essere patriottici sia un male) e umanizzante di un’ideologia estremista, chi al contempo lo ha visto invece come un tentativo di fare breccia all’interno di una certa cultura sociale che strizza l’occhio a temi quanto mai attuali come l’integrazione e l’accoglienza.

 

 

“Comandante” in primis è una storia vera che ha lo scopo di raccontarci la vicenda di Salvatore Todaro al comando del sommergibile Cappellini che durante la Seconda guerra mondiale, in mezzo all’Oceano Atlantico, decide di salvare i naufraghi di un cargo belga da lui stesso affondato.

 

Ognuno naturalmente ne trarrà le conclusioni che vuole e che sente a fine proiezione, ma è innegabile che il lavoro di De Angelis sia un film profondamente umanista e contro la guerra, dove si evince in maniera netta il passaggio dall’illusione alla disillusione del combattimento, perché nella guerra l’uomo fallisce sempre, anche quando vince.

Se è necessario fare il proprio dovere fino in fondo, se non è possibile esimersi da questo compito qualunque sia la causa e quantunque sia gravoso, l’unico modo che rimane allora per salvare sé stessi è quello di rimanere umani salvando almeno le vite degli altri.

 

Ne esce un ritratto profondamente intimista non solo del Comandante, ma di tutti gli uomini posti sotto al suo comando ed è sicuramente questo l’aspetto più bello del film. Nello spazio claustrofobico di una macchina da guerra c’è raffigurata tutta l’eterogeneità dell’Italia, con i suoi dialetti, con le sue abitudini comportamentali e alimentari differenti da nord a sud, c’è, quanto basta, quel pizzico di commedia all’italiana che ci mostra come “italiani brava gente”, c’è poi il valore assoluto della paura che livella tutte le differenze antropologiche e rende gli uomini uguali.

 

Le voci fuori campo che accompagnano i pensieri dei marinai sono sorrette da una bellissima sceneggiatura che riesce ad essere intensa, profonda, capace di far emergere e caratterizzare con contorni netti e definiti i co-protagonisti. Nota di grande merito quest’ultimo aspetto perché impedisce a Favino di giganteggiare e “mangiarsi”, come si dice in gergo, letteralmente il film, facendolo restare all’interno di un proprio spazio confinato e non invadente, seppur sia il protagonista principale.

 

Quello che manca forse lì nel mezzo è un po’ di “genere”. La guerra c’è, ma non sarebbe stato male riuscire ad inserire delle sequenze più marcatamente belliche per innalzare la tensione ed il livello adrenalinico della pellicola. Rimane invece da lavorare, ancora molto, sul fronte degli effetti speciali che non sono sempre all’altezza.

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