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L'ultima volta che siamo stati bambini

Regia di Claudio Bisio vedi scheda film

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La recensione su L'ultima volta che siamo stati bambini

di Souther78
2 stelle

Forse Bisio dovrebbe prendere spunto da Pif, che, nel trattare anche con ironia il conflitto, ha svelato realmente questioni degne di interesse e taciute dalla storiografia ufficiale, ma che impongono agli spettatori quesiti scomodi, a partire da: c'erano veramente dei buoni in quella guerra? Era veramente democrazia la nostra? Lo è mai stata?

 
Quello d'esordio alla regia di Bisio rappresenta un ottimo esempio di cinema impegnato. Sì, a raccogliere premi e facili simpatie, evidentemente ben memore della lezione di Benigni, che con il suo film più brutto e meno divertente, ma più compiacente e "politicamente corretto" ha conseguito nientepopodimeno che l'oscar, nonchè la produzione hollywoodiana. Come sempre, poi, allo sfruttamento di un'ideologia si accompagna quello dei bambini, facili ispiratori di altrettanto facili lacrime. Qualcuno su questo sito ha parlato di "cazzotto allo stomaco" nel finale. Io, modestamente, parlerei piuttosto di cazzata dall'inizio alla fine, anche perchè tutta l'idea attorno alla quale ruota la trama è completamente ridicola e insensata, nonchè storicamente imprecisa. I protagonisti viaggiano in abiti estivi, e la stagione sembra essere proprio quella. Apprendiamo, però, che sarebbe già stata fondata la Repubblica Sociale Italiana (nata il 23 settembre 1943), mentre le prime deportazioni romane risalivano alla metà di ottobre, e il clima medio autunnale proprio non si sposa con l'ambientazione. Ma fosse solo questo... Tutti i personaggi sono macchiette prive di dimensione psicologica. Il giochetto è sempre lo stesso, cioè svilire, ridicolizzare, e così lasciare lo spessore drammatico agli eventi che affliggono i protagonisti, mentre l'alleggerimento dovrebbe passare attraverso la presa in giro del "nemico". Insomma: ridere dei cattivi, compatire i buoni. Soltanto che qui i cattivi non si vedono, ma si danno per scontati: lo stesso Bisio ritaglia per sè il cameo di un gerarca che tutto pare fuorchè cattivo. Personaggi, comunque, assai moderni, con modi di fare e relazionare scorbutici, nevrotici e superficiali tipici dei nostri tempi. Poco credibile anche la faida tra il fascista senza dio e la suora: ricordiamo, infatti, che uno dei motti più in voga nel ventennio era "Dio, Patria, Famiglia". Difficile ipotizzare che una camicia nera esternasse nei confronti di una suora riprovazione per la sua fede religiosa. Ma tant'è.

 

La ricostruzione dei luoghi è veramente raffazzonata e per nulla immersiva: si vede perfettamente che il film si svolge ai tempi nostri, e non a caso la maggior parte è ambientata in campagna, così da non creare il problema della modernità.

 

Ma niente funziona davvero: se la trama è sfilacciata e zoppicante, le recitazioni non sono meglio, e la regia non ha nulla da dire. Il demerito principale? Non fa ridere e non fa piangere, però si capisce perfettamente che vorrebbe fare entrambe le cose. Quale metro di giudizio migliore, per un lungometraggio, se non mettere in rapporto le ambizioni dell'opera con il risultato finale?

 

Forse sarebbe ora di smetterla di parassitare un'epoca ormai andata, e, se si ha la pretesa di fare cinema impegnato, concentrarsi semmai sui veri temi di attualità e che implicano la necessità di una consapevolezza da parte del pubblico, che, invece, viene costantemente indottrinato a fossilizzarsi su questioni che sono perlomeno storicamente superate. Se proprio dovessimo ancora e ancora parlare del secondo conflitto mondiale, allora sarebbe interessante dire qualcosa di nuovo: per esempio, perchè mai i Rothschild avrebbero finanziato Hitler? Perchè Hitler e il nazismo sarebbero originati dalla massoneria? Perchè il presidente americano, così come il primo ministro inglese, erano anche loro massoni? Perchè, nel frattempo, in Russia, era stata radicata una dittatura nata dal massone Lenin?

 

Forse Bisio dovrebbe prendere spunto da Pif, che, nel trattare anche con ironia il conflitto, ha svelato realmente questioni degne di interesse e taciute dalla storiografia ufficiale, ma che impongono agli spettatori quesiti scomodi, a partire da: c'erano veramente dei buoni in quella guerra? Era veramente democrazia la nostra? Lo è mai stata? 

 

Bisio, nelle sue gag, si presenta sempre come il timorato di dio e dell'autorità, che si assoggetta al potente di turno. Probabilmente questa è la natura che meglio emerge anche nell'opera, che non poteva capitare in un periodo storico più infausto di quello presente, mentre migliaia e migliaia di bambini vengono lasciati orfani, mutilati e uccisi da bombe e armi di un esercito invasore, sotto l'egida delle "democrazie occidentali". Ma Bisio ci ricorda che c'è chi è morto 80 anni fa, e che dovremmo indignarci per tutta l'eternità pensando al passato, e ignorando il presente.

 

Bene, grazie Bisio. Avanti un altro.

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