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Animali selvatici

Regia di Cristian Mungiu vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Animali selvatici

di yume
10 stelle

Un capolavoro, una bella risonanza magnetica dello stato dell'arte in Europa

locandina

Animali selvatici (2022): locandina

Una realtà tangibile, netta, brutale che sfuma verso il surreale. Mungiu tiene costantemente in piedi i due registri, e mentre fa vedere il visibile, anzi obbliga ad aguzzare la vista per penetrarlo e farsene intridere, trascina verso i confini del non detto, non descritto, intuibile, forse, ma tanto più devastante per chi vorrebbe restare saldamente aggrappato alle sue certezze.

R.M.N. (la sigla di Risonanza magnetica nucleare) è il titolo effettivo, viene sottoposto a indagine nucleare Papa Otto e fin lì niente di strano, alla sua età e con i suoi acciacchi è normale.

Meno normale è sottoporre ai raggi X un’intera comunità, quella che dal paesino della Transilvania si allarga idealmente a tutta Europa.

Cosa deve emergere dall’indagine? Lo stato di putrefazione del continente, né più né meno, un posto dove ai bambini insegni che non devono avvicinarsi agli animali selvatici senza armi.

Tipo l’orsa del Trentino, ci chiediamo noi? No, peggio, gli animali selvatici non sono nel bosco, sono tra noi, è il vicino di casa, è il datore di lavoro, è l’amico che “… con monete false nella borsa degli occhi, tu amico mio dall'aria accattivante che per vera mi rifilasti la menzogna … “ ti tradisce, cantava Dylan Thomas memore dell’antico Archiloco, è l’uomo che odia il nero, il giallo, il caffelatte perché sono brutti e cattivi, gli tolgono spazio e soldi, quelli che prendono volentieri dalla Comunità Europea, ma guai spartire con gli extracomunitari.

Li odiano se fanno i fornai e mettono quelle manacce sporche nell’impasto del loro pane, li odiano perché bisogna odiarli, perché lo fanno tutti, perché è così e basta.

scena

Animali selvatici (2022): scena

Dunque Marhias, tornato in Romania dalla Germania dove ha steso il collega che gli ha dato dello sporco rom, non trova di meglio al paesello.

Il figlioletto Rudi ha perso la parola dopo uno spavento preso nel bosco, non sapremo mai perché ma tanto basta, il padre gli dirà di non avvicinarsi disarmato agli animali selvatici.

Sì, perché sono gli animali ad essere i nemici dell’uomo!

Per il resto nulla si salva, la moglie ormai persa e indifferente pensa solo in modo iperprotettivo al ragazzino preparandolo così a diventare il razzista di domani, il prete che nulla conta, la donna amata che resta ambigua tutto il tempo, tranne suonare il violoncello tentando sempre lo Yume’s theme da In the mood for love  ogni volta interrotto da beghe varie sul lavoro o nel privato.

I compaesani, tranne 28, tutti gli altri 350 d’accordo a mandar via i tre dello Sri Lanka assunti dal forno.

Forno che ha tutto l’interesse ad assumere mano d’opera a prezzi miserabili.

Nessuno si salva, dunque andiamo in giro con un bel fucile, magari è la volta buona che ne facciamo fuori uno, di animale selvatico.

Questo è il quadro che Mungiu ci fornisce per più di due angoscianti ore, l’unico respiro quel breve pezzo di Danze Ungheresi di Brahms dell’ensemble parrocchiale, un Bella ciao che diventa ballo da oratorio e il citato da  In the mood for love, testi musicali continuamente interrotti, come un prezioso vasellame fatto a pezzi da stivalacci di fanteria.

Mungiu, dopo i capolavori precedenti, ne inanella un altro nella sua corona. La caccia allo straniero stavolta è il collante del film fatto dei suoi famosi piano sequenza, riprese ellittiche e ambigue, tanto parlare, come nell’assemblea di paese, senza il minimo principio di sana comunicazione, maschere vuote si aggirano nello spazio, il villaggio di Bradu in Transilvania non ospita più il romantico Dracula, siamo scesi nell’ultima bolgia, ora non resta che imbracciare il fucile.

Tante cose in R.M.N. ricordano Scene di caccia in bassa Baviera, 1969, di Peter Fleischmann: la Chiesa connivente, i fedeli oranti il Signore e pronti a massacrare il diverso, l’uccisione del maiale, la persecuzione dell’altro. Lì c’erano porcilaie con maiali grufolanti, qui stazzi con pecore belanti.

Altri tempi, terzo Reich in auge, cosa è cambiato nella civile Europa?

 

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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