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La meravigliosa storia di Henry Sugar

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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La recensione su La meravigliosa storia di Henry Sugar

di EightAndHalf
6 stelle

Wes Anderson è sempre il solito?, anche dietro il nuovo The Wonderful Story of Henry Sugar prossimamente su Netflix? La risposta è sì, ma con dei necessari commenti a margine. 

Perché se è vero che si tratta del consueto diorama di ossessioni simmetriche e teatralità esibita, il corto tratto da Roald Dahl è anche la versione più asciutta della metatestualità di The French Dispatch che tanto per ora interessa il regista e che ha assunto il tono del cruccio malinconico in Asteroid City. In questo caso, la storia rapida e strampalata dello sfaccendato ricco Henry Sugar, che scopre dall’esperienza di un medico indiano che è possibile allenarsi per vedere il mondo senza usare gli occhi.

Già solo così si sprecano le suggestioni e le riflessioni scopiche sul vedere e sul percepire. Sulla natura grottesca e allo stesso tempo spirituale che sta dietro all’esperienza del percepire il mondo e del cercare di capirlo. Come anche di rileggerlo tramite l’arte. E anche nei termini di uno sforzo esistenziale tipicamente andersoniano: smettere di essere un pezzo di arredamento e trovare un modo per contare qualcosa nel mondo come persone. Smettere di essere l’oggetto del guardare, ma tornare ad essere soggetti guardanti, a ristabilire la gerarchia con le cose inanimate e a riprenderne possesso, a stabilirne la bidimensionalità a fronte dell’umana tridimensionalità.

È una possibile scoperta di fiducia nelle possibilità dell’arte - in questo caso, della letteratura - di far trovare il proprio posto nel mondo al fruitore attraverso altri mondi, uno dentro l’altro, a rischio di farlo perdere nei passaggi fra le matrioske.

Al solito, il cast di Wes Anderson dimostra una dedizione rara a monologhi, dialoghi al ritmo diabolico di stilettate e un’ironia fumettistica che di recente in Anderson funziona e non funziona a ritmi alterni. Trovando qui, nella freschezza di soli 39 minuti, lo spazio ideale per sfogarsi e diffondersi. 

La sfacciataggine poser di Wes Anderson è ormai maniera, ma se si piega su se stessa come un origami riesce, con la buona volontà, a diventare un cigno. 

 

 

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