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Bones and All

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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Fanny Sally

Fanny Sally

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bones and All

di Fanny Sally
7 stelle

L'elegante e ricercata regia di Guadagnino firma un melodramma a tinte horror di difficile digestione che riflette in senso metaforico sulla difficoltà di trovare un proprio posto nel mondo e sulla ricerca di se stessi e delle proprie radici. Bravi e azzeccati gli interpreti.

Solitudine, emarginazione, ricerca di se stessi, delle proprie radici e del proprio posto nel mondo, bisogno di affetto e di comprensione.

 

Temi sempiterni che l’ultima opera cinematografica di Lica Guadagnino, regista nostrano tra i più lanciati a livello internazionale - ispirata al controverso romanzo a tinte forti di Camille DeAngelis - tratta attraverso i toni di un melodramma dalle venature horror, alternando momenti delicati ed intimistici a scene crude e asettiche. Tutto il film si poggia su questo azzardato equilibrio, emanando un fascino perverso.

 

Il lirismo e l’eleganza stilistica del talentuoso autore, infatti, finiscono per edulcorare l’aspetto più macabro e raccapricciante della vicenda, pur non lesinando nel mostrare grandi quantitativi di sangue, soprattutto impregnandone i volti e i corpi acerbi dei suoi giovani protagonisti, rimanendo però quasi osservatore esterno delle loro vicissitudini, moralmente inaccettabili che non vuole giudicare ma alle quali imprime una sfumatura di struggente empatia.

 

Maren e Lee, i due protagonisti, si muovono, ragionano ed agiscono come creature animalesche, alla stregua di mostri leggendari come vampiri o licantropi e tossicodipendenti in costante lotta contro i propri impulsi di soddisfare quel bisogno contro natura.

Il cannibalismo così diviene, più che una devianza mentale, una metafora, neanche troppo sottile, di un disagio emotivo, di una mancanza affettiva, di un riscatto, dell’irrequietudine e dell’insoddisfazione di un’intera nazione, quegli USA degli anni ’80 segnati da forti contrasti tra un edonismo e consumismo dominanti, propagandati dai media e il degrado di periferie in cui poco o nullo è stato l’impatto del benessere diffuso e della modernità, continuando ivi a prevalere la più elementare legge di natura in cui il più forte prevarica il più debole.

 

Taylor Russell e Timothée Chalamet sono perfetti nelle loro interpretazioni, prestando i loro fisici ossuti e i volti espressivi ai due tormentati innamorati poco più che adolescenti al centro del racconto, mostrando una buona alchimia fatta soprattutto da un intrecciarsi di sguardi sperduti e carezze lievi. Ancor più dei personaggi principali, è indubbiamente interessante lascia il segno il morboso vagabondo di mezza età Sully, impersonato da un inquietante Mark Rylance, anche lui dedito a cibarsi di carne umana. Una sorta di lupo solitario con una propria discutibile morale che ricompare più volte nella vita della protagonista e da mentore finisce per trasformarsi in un persecutore e vero antagonista, innescando un risvolto finale amaro e tragico, seppur non del tutto imprevedibile.

 

Curato e calzante l'apporto di sonoro e colonna sonora, composta da uno score ad opera di Trent Rezor e Atticus Ross che sottolinea il susseguirsi delle azioni, mescolandosi ad alcuni brani pop rock anni '70 e '80.

 

Lo spettatore non riesce ad essere coinvolto pienamente e costantemente con il dramma messo in scena, piuttosto ne resta sconcertato poiché quel senso di disgusto e repulsione per i loro comportamenti aleggia sempre, anche durante l’apparente deriva romantica e idilliaca assunta dalla relazione tra i protagonisti.

È questo il punto al contempo di forza e di debolezza di un film che comunque riesce a distinguersi per cura formale, atmosfere e audacia.

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