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Il fantasma

Regia di João Pedro Rodrigues vedi scheda film

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La recensione su Il fantasma

di kikisan
8 stelle

Venuto a conoscenza di questo titolo mediante una playlist redatta dall'Utente ilPanda e da lui stesso esortato a scrivere un'opinione su questo film ho deciso di recuperare questa singolare pellicola portoghese.Nelle mie ricerche ho saputo che era in concorso al Festival di Venezia del 2000,mi sono anche imbattuto sul solito titolone che la stampa qualunquistica tira fuori durante le kermesse cinematografiche:"O FANTASMA SCONVOLGE IL LIDO"(La Repubblica);non sono certamente questi titoli che mi fanno scegliere la visione di un film,ma non nascondo il fatto che,dopo dieci anni dalla sua uscita ed ignorandone completamente l'esistenza,abbia iniziato a guardarlo con una certa morbosità.
Cinematograficamente O Fantasma non discosta molto dai film di Tsai Ming Liang,impossibile per chi conosce il regista malese-taiwanese,non fare raffronti tra il suo attonito Hsiao Kang e la natura aggressiva e cattiva di questo netturbino di Lisbona di nome Sergio.
Il problema di questo film è individuare a chi si rivolge il regista João Pedro Rodrigues nel mettere in scena questi crudi rapporti omosessuali e nel descrivere la metamorfosi notturna del giovane spazzino.
Ho letto che il regista,alla conferenza stampa di presentazione,si è dichiarato omosessuale ed ha detto anche di essersi sentito ossessionato dalla figura di Sergio;su queste basi e da quanto ho cercato di evincere dal film stesso,direi che il bersaglio grosso è rappresentato dagli omosessuali stessi.
Rodrigues vuole puntare il dito o meglio gettare in discarica quell'iconografia gay,che ormai è diventata scomoda per tutto il movimento.Vuole dire basta al feticismo della tuta di pelle,del latex,ai rapporti basati solo sul sesso e totalmente privi di sentimenti.Vuole finirla con il bagno pubblico luogo di occasionali incontri,di poliziotti vestiti come i Village People,di manganelli rappresentati come falli,di manette e di altri oggetti eletti a status symbol della tematica gay.Il protagonista è talmente ossessionato da questi simboli che rapporta i suoi sensi a quelli di un cane e ne adotta i feticismi propri di questo animale(annusare,leccare,segnare con l'urina il proprio territorio).
Fondamentali 2 passaggi:il primo è rappresentato dalla relazione con la collega Fatima,la quale probabilmente è perfettamente a conoscenza dei gusti sessuali di Sergio e crede nella sensibilità interiore che lui può avere dentro;il secondo è l'illusione,da parte del netturbino,di riuscire a conquistare il giovane motociclista con i suoi metodi poco ortodossi.
Sergio fallirà disastrosamente su ambedue i fronti.
Sulla scheda di FilmTv Goffredo Fofi tira in ballo Cocteau e Genet(la mia scarsa conoscenza di questi due autori non mi permette di obiettare),ma sicuramente sbaglia a citare Fantomas di Feuillade;il protagonista in tuta di latex semmai è un omaggio a Irma Vep protagonista di un'altra serie a episodi sempre di Feuillade Les Vampires del 1915.In questa serie nata agli albori del cinema,Irma Vep rappresentava tutto quello che la donna non doveva essere in quei tempi un po' oscurantisti;O Fantasma rappresenta tutto quello che un omosessuale non deve essere in questi tempi di normalizzazione.
Certo,alzi la mano(anche gli eterosessuali)chi dentro di sè non porta qualche perversione nascosta,ma da lì ad esternarla totalmente,ce ne passa. La fobia omosessuale verso il motociclista ed i suoi simbolismi è stata introdotta cinematograficamente da Kenneth Anger in Scorpio Rising,un corto ormai datato 1963;qui i simbolismi vengono caricati all'eccesso(c'è anche la svastica nazista)ed i personaggi interpretati da Marlon Brando e James Dean hanno contribuito al resto.
Il finale di O Fantasma forse ci lascia intendere che dopo l'allucinante nottata passata in discarica a mangiare rifiuti e bere liquami,Sergio sia un po'rinsavito.
Si sveglia in una sala macchine con ancora il costume di latex addosso,gli viene voglia di defecare e subito mi aspetto una bella cagata in primo piano,ma con(voglio credere)un rigurgito di consapevolezza e decenza si sposta dall'inquadratura ed evacua un po' più defilato rispetto alla cinepresa.
Questa mia risibile certezza viene subito dopo ribaltata con la canzone che accompagna i titoli di coda:Dream Baby (How Long Must I Dream) di Roy Orbison.

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