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Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli

Regia di Destin Daniel Cretton vedi scheda film

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La recensione su Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli

di lussemburgo
4 stelle

Secondo tentativo Marvel di avvicinarsi alle arti marziali, dopo le serie Netflix dedicate a Iron Fist, e di coinvolgere il vasto pubblico orientale, il film non rinuncia ad allacciarsi a racconti precedenti, con la figura del Mandarino, già falsamente incarnata da Ben Kingsley nel terzo Iron Man, che qui invece prende rilievo e consistenza.

Come ogni film orientato ad Oriente, oltre al wuxia è immancabile il drago, nella sua versione mistica, assieme alle arti arcane e occulte che spostano la narrazione all’interno di un mito vago e fumoso, rivestito di tessuti colorati e coreografie acrobatiche,. Ma è anche una soap con agnizioni e tradimenti, perdoni e riscatti all’interno di vicende familiari complesse, con l'onore dei ladri al centro di uno spettacolo pirotecnico che parte dall’America per tornare alla Cina, da cui aveva preso origine. Perché la vicenda della pellicola ruota attorno al potere, al possesso dei dieci anelli, ovvero dei braccialetti capaci di incanalare doti magiche e rendere invincibili ed eterni, come il vero Mandarino (non la patetica controfigura dell’attore fallito, reinventata con ironia per Tony Stark), i cui figli fuggiaschi ritornano da lui, non prodighi ma redenti, e lo combattono per scalzarlo dal ruolo di capo criminale e di mago possente.

Tra draghi e portali su altre dimensioni, leggende e ambientazioni urbane, città fiabesche e esseri fantastici, attori iconici del cinema orientale (Tony Leung e Michelle Yehoh), il film si trascina in un tumultuoso susseguirsi di scene d’azione, inframezzate da battute e da deviazioni farsesche (determinante la presenza della comica Awkwafina) con effetti digitali spesso non all’altezza delle precedenti produzioni, risultando in una sorta di capodanno cinese, tra cliché arcaici e modernità, ori luccicanti e lanterne rosse, in un road movie che attraversa un immaginario orientale ma che si perde per strada per riportare poi tutto in America.

Mentre lo spettatore guarda il luna park allestito per intrattenerlo, si manifesta una certa noia in quella confusione visiva multicolore, mentre il film procede incerto tra un tono da Spiderman e complicazioni alla Dottor Strange, in fondo fungendo solo da preludio al nuovo capitolo dell’Uomo Ragno con quella prevalenza delle arti mistiche che introducono il Multiverso, fulcro della fase IV dell MCU. E per renderlo parte più integrante dell’insieme Marvel, compaiono nel film, sebbene in particine collaterali, Wong, Bruce Banner e Carol Danvers come spunti di sviluppo ulteriore, con le arti magiche del Mago Supremo e i poteri alieni di Captain Marvel, che saranno poi declinati in forma più quotidiana - e seriale - da Ms Marvel, altra storia di ancestrali colpe e di passaggi di testimone su sfondo etnico, rivestito di quotidianità newyorkese.

 

 



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