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Lola Colt

Regia di Siro Marcellini vedi scheda film

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La recensione su Lola Colt

di scapigliato
6 stelle

Le prime gambe nere della tv italiana sbarcano nel selvaggio West. La bellissima Lola Falana, starlette della tv pubblica dell’epoca, cavalca letteralmente il suo successo televisivo dedicandosi ad un cinema di poco superiore al prodotto da tubo catodico. Con “Lola Colt” siamo nei paraggi del musicarello, grazie alle quattro performance canore della cantante afroamericana, ma è pur sempre un western, e all’italiana! Quindi, girato tra Tirrenia e Villa Mussolini, segue le bizzarrie dell’epoca e affonda il dito su qualche scena di una certa crudeltà. L’incipit è straordinario per le figure in campo: un prete che si confronta verbalmente con un bandito di nome El Diablo! In più, proprio in questa scena iniziale, il bandito interpretato da Germán Cobos (che ha tutto fuorché del bandito), si presenta al pubblico nella sua cattiveria facendo esplodere un uomo legato a due tronchi incrociati, quasi un Gesù Cristo. Diciamo pure che deve essere stata una bella coincidenza, il prete, El Dablo e un Gesù Cristo, piuttosto che una scelta voluta. Difatti lungo l’arco del film, a parte la bizzarria di un gruppo di belle ragazze, tra cui una nera!, che arriva in un villaggio di disperati, non ci sono grandi idee né narrative né visive. Tutto procede tranquillo, anzi, fin troppo morbidamente, quasi la regia non avesse polso. Si distinguono scene di particolare inventiva e ferocia come la lotta a frusta e bastone tra Peter Martell e un uomo di Cobos, e il pestaggio a sangue sempre tra Peter Martell e il braccio destro di Cobos. Si vede un po’ di sangue, un po’ di idee, ma nulla più. Sorprende la morte del piccolo Pablito, ovvero Enzo Santaniello il celebre peldicarota di “C’era Una Volta il West” e poi anche di “Lo Chiamavano Bulldozer”. A uccidere un bambino, tra l’altro proprio lo stesso attore, ci riproverà poi Sergio Leone l’anno dopo. Un film quindi che non solo anticipa questa sottigliezza della morte di un bambino (ricordiamo che in “Per Qualche Dollaro in Più” Volontè fa uccidere donna e bambino ancora in fasce, anche se fuori campo), ma anticipa anche molti umori da blaxploitation dando un ruolo di spicco in un western ad una donna e per lo più di colore. Buone idee, atipiche e interessanti per la violenza sottesa, manca chiaramente una regia che esaltasse tali idee. Tutto invece è televisivamente funzionale alla storia di questa ballerina di colore che arrivata a Santa Ana aiuta gli abitanti a combattere El Diablo che li tiene per la gola. Frasi retoriche, bagni di folla sul finale, una pseudo celebrazione liturgica per deliziare il pubblico e ristabilire l’ordine morale di matrice cattolica. Va detto poi l’insostenibile corto circuito generato dal cattivo Germán Cobos. Viene presentato come un feroce bandito di nome El Diablo, ma in realtà è un signorotto locale che vive in una bella hacienda, veste elegante, è raffinato e pulito. Tutto il contrario richiesto ad un feroce bandito dal nome luciferino.

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