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Se questo è amore

Regia di Maya Sarfaty vedi scheda film

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La recensione su Se questo è amore

di gaiart
8 stelle

La memoria! Che dotazione nella macchina imperfetta umana. Si perchè quando vorresti dimenticare tutto: le brutture, i dolori, le violenze, gli stupri subiti e tutto il male con la sua banalità, questo sordido elemento non perdona e ricorda ogni singolo momento, episodio, secondo. Tutto, ogni fotogramma come un film in pellicola.

 

La memoria! Che dotazione nella macchina imperfetta umana. Si perchè quando vorresti dimenticare tutto: le brutture, i dolori, le violenze, gli stupri subiti e tutto il male con la sua banalità, questo sordido elemento non perdona e ricorda ogni singolo momento, episodio, secondo. Tutto; ogni fotogramma come un film in pellicola.
In occasione della giornata sulla Memoria per le vittime dell'Ocolocauto ogni 27 gennaio, niente di più potente che la rivisitazione di questa storia di sopravvivenza, sopruso, bestialità, resilienza e forza, tutta al femminile. Femminile la regista, la cinematografia con tocchi innovativi e sensibili, femminili i racconti delle protagoniste sopravvissute, femminile la narrazione intervallata da canzoni struggenti con voci dannate e manichini di foto come modelli di Burka. Non corpi, ma anime, mandati al massacro o salvati (pochi) solo per l'infatuazione personale di uno dei carcerieri nazisti.


Il docufilm diretto dalla originale regista israeliana Maya Sarfaty, già vincitrice dello Student Academy Award a Los Angeles per il miglior documentario straniero nel 2016 con  The Most Beautiful Woman, ricostruisce, attraverso interviste, filmati d’archivio e fotografia, questa tragica storia d’amore.
 
Innanzitutto due parole sulla cinematografia che dal punto di vista artistico è eccezionale, originale, creativa. Foto ritagliate come manichini in 3D, fotomontaggi multistrato, sfondi, immagini di archivio che prendono vita nonostante la morte, fungono da quinte teatrali con una mano esterna, quella della regista, come fosse quella che Dio, che prende queste piccole foto di donne, piccole vite e ne fa quello che vuole anche riportarle alla vita.
 
Sembrano quinte teatrali in certi momenti dove le barriere sono corpi disegnati, ammassati, a mucchi, il disegno sublime di questa idea rafforza ancor di più le tematiche e l'aiuto di due artisti israeliani Slomit Goffe e Aielet Albenda nella concezione della parte figurativa dell'idea lo conferma appieno: la creazione e l'arte ridà la vita.
 
ANCHE SE QUESTA è STATA CANCELLATA, OSCURATA, OBNUBILATA, EROSA. Nuovi fotomontaggi restituiscono una vita alternativa se ci fossero state le condizioni. Ho preso in prestito questa tecnica per mostrare la storia che volevo io.
Solo il documentario come formato autentico ne poteva cogliere il senso e il vero significato, ci racconta la regista, perché intervistando i protagonisti era giusto sapere la loro opinione e, così facendo, ho offerto loro un palcoscenico per esibire i loro dolori e ricordi. "Conosco questa storia da quando ero bambina, ma non riuscivo a scriverla nella sua interezza. Mi ci sono voluti molti anni per trovare la via e poi con la nipote della protagonista, mia insegnante di recitazione, insieme abbiamo contattato la figlia di Franz Wunsch. Stranamente era aperta, curiosa e parlava liberamente del passato e del ruolo del padre nella guerra. Avevo finalmente i mezzi necessari per raccontarla nella sua interezza e un palcoscenico che ho messo a disposizione delle persone che hanno vissuto questa storia per raccontarla dal loro punto di vista". "Ho iniziato a lavorarci 5 anni fa, prima con un corto The most Beautiful woman dove ho fatto venire la figlia di Wunsch in Israele e nel culmine, l’incontro di Franz e sua figlia con Helena e Rosa. Poi ho intervistato sette donne, un pò come il coro nella mitologia greca che accompagna la storia, grazie alla Shoa Foundation di Steven Spielberg. Sono tutte donne bellissime che hanno partecipato con emozione a questa storia.
Alla fine degli anni 80 Rosa e sua sorella Helena animato un show televisivo. In Israele, a quei tempi, c’era solo un canale e in quel momento tutti videro questa storia e l'intervista a Rosa che condannava la sorella Helena di averla salvata e separata dai suoi bambini, morti cremati, fu un momento drammatico sia per le sorelle che per le due famiglie, con un forte litigio e Helena ebbe quasi un infarto. 
Sono passati 40 anni da quel documentario che a docAviv suscitò una generale reazione di stupore come fa oggi Se questo è amore, che immediatamente nel titolo rimanda a una biografia SE questo è un uomo? domanda che viene da porsi immediata sul carceriere austriaco che le tenne prigioniere. Helena Citron, un’ebrea deportata ad Auschwitz dal 1942, trova un’inaspettata consolazione da parte di Franz Wunsch, un ufficiale delle SS che si innamora di lei. Nonostante il rischio di essere scoperti, i due portano avanti la loro relazione fino alla fine della guerra. 
Trent’anni dopo, Helena riceve una lettera dalla moglie di Wunsch, che le chiede di testimoniare in favore del marito. Helena dovrà quindi affrontare una scelta molto difficile. 
La potenza di questo film oltre all'eleganza e all'originalità della storia e della mise en scene sta nel fatto di non portare un giudizio, ma di lasciare aperto il ragionamento, il discorso e le conclusioni in ciascuno di loro che lo guarderanno con amore. Come ogni opera d'arte che si ripsetti è priva di ego e autoreferenzialità, ma altresì di empatia, ascolto e obiettività.

 

 

 

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