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Come fare carriera nella pubblicità

Regia di Bruce Robinson vedi scheda film

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La recensione su Come fare carriera nella pubblicità

di OGM
6 stelle

Dal regista di The Rum Diary, una folle allegoria sul mondo degli spot. Nel 1989 la pubblicità era soprattutto fatta di scenette televisive con messaggi incorporati. Storie che dovevano parlare di un prodotto, ma più che altro di coloro che dovevano comprarlo. Il copywriter Dennis deve immedesimarsi in loro, far proprie le loro aspettative per trovare lo slogan che centri l’obiettivo. Nell’ultimo incarico assegnatogli, l’articolo da reclamizzare è una crema contro l’acne: occorre immaginare di avere i brufoli, per capire quale combinazione di testo ed immagini potrebbe colpire nel segno. Dennis si sforza fino ad impazzire, fino a vedersi spuntare, tra il collo e la spalla, un enorme bubbone che, ai suoi occhi, diventa una testa parlante. Un incubo trash che simboleggia la spazzatura in cui bisogna affondare le mani e il pensiero per riuscire a vendere: un humus carnoso fatto di debolezze e bisogni inconfessabili, di istinti voraci e piuttosto osceni. Con il quale, però, Dennis inizialmente si rifiuta di scendere a patti, dando le dimissioni dall’agenzia per cui lavora, ed intraprendendo una personale battaglia contro l’invasione dei prodotti commerciali, dagli alimenti confezionati agli elettrodomestici. In questa sua furia paranoica, mette a soqquadro la casa e viene ricoverato in un istituto psichiatrico. Ma la terapia non farà altro che annientare le sue difese contro quell’alter ego, sempre più aggressivo ed invadente, che finirà per prendere il sopravvento e sostituirsi a lui. Dennis diventerà uno sfrenato creatore di utopie consumistiche, ed un uomo insaziabilmente affamato di sesso; un superuomo del materialismo, in grado di produrre magicamente qualunque assurdo tipo di esigenza. Nella sua mente non c’è visionarietà, ma soltanto un banale desiderio bruto, che si traduce istantaneamente in modelli da somministrare al pubblico. Imporre un’idea, indipendentemente dalla sua reale attrattiva, è l’arte di cui è diventato maestro. La forza del persuasione è stata superata da quella dell’autorità, la stessa con cui quell’escrescenza corporea ha messo a tacere le sue umanissime ragioni. Il suo potere è penetrato nella sua coscienza, in cui ha innestato il germe di bisogni surreali, tanto imperiosi quanto inutili e volgari. Il film, a onor del vero, nel proporre questa interpretazione dei meccanismi del marketing. rimane un po’ monotematico, insistendo oltre il dovuto sulla maniacalità del protagonista, senza diversificare sufficientemente il discorso. La pazzia è la conseguenza di aspirazioni deviate artificiosamente, pilotate secondo precise strategie di mercato: ma il conflitto interiore di chi si trova nel centro operativo di questa manovra non è il solo aspetto paradossale della questione, che investe anche e soprattutto il target designato. Questo genio pubblicitario arroccato nella sua demenziale torre d’avorio non interagisce con il mondo, e, anzi, è un tipo dal comportamento sociale inaccettabile. Non sa stare in mezzo alla gente, e quindi non è chiaro come possa capirla e riuscire a convincerla a comprare.  Lo sviluppo dell’analisi è incoerente, eppure la drammatizzazione della perversione del protagonista   è perfettamente architettata, e ci travolge, da cima a fondo, con la sua irresistibile irriverenza.  Come fare carriera nella pubblicità scoperchia un vaso di Pandora, ma si accontenta di dare un quadro un po’ confuso e parziale del maleodorante caos che ne fuoriesce; e forse, in questo, si comporta esattamente come la pubblicità, che mira a fare il botto,  a fare bum e basta, senza perseguire l’artistica raffinatezza  di un fuoco d’artificio.

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