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iSola

Regia di Elisa Fuksas vedi scheda film

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La recensione su iSola

di Spaggy
8 stelle

Non si può recensire "iSola" considerandolo solo un documentario. "iSola" è un frammento di vita che va al di là di ogni freddo canone di analisi critica. È un lacerante pezzo di psicoanalisi con cui tutti noi dovremmo fare i conti con delicatezza e sensibilità.

 

Il 26 febbraio 2020 il mondo intero comincia a familiarizzare con diversi termini nuovi. Coronavirus, COVID-19, lockdown, quarantena, pandemia e polmonite bilaterale entrano di prepotenza nel vocabolario di ognuno di noi senza distinzione sociale, economica o culturale. Quando tutti quanti ci si chiede quale futuro verrà da lì a poco, la regista Elisa Fuksas apprende di avere un tumore alla tiroide e di dover essere operata quanto prima. La data fissata per l’intervento è il 17 marzo: del resto, prima si sottopone all’operazione prima si libera del male che si è introdotto nel suo organismo.

In un primo momento, Elisa non ha paura. Del resto, la sua paura della morte è stata quasi esorcizzata un anno prima quando ha deciso tramite il battesimo di avvicinarsi a Dio, trovando inattesa fede e conforto. Tutto sembra procedere nella maniera giusta, un amico medico la rassicura sull’iter delle sue cure ma il destino si fa beffe di tutti quanti e l’Italia viene ufficialmente chiusa dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Il 14 marzo la regista riceve la telefonata che rinvia a data da destinarsi l’intervento, gli ospedali vengono “sequestrati” dal virus e qualsiasi altra malattia “scompare” magicamente. La realtà diventa giorno dopo giorno sempre più alienante, ogni forma di libertà individuale rasenta lo zero e anche le grandi metropoli come Roma piombano in un clima di surreale dimensione, in cui timore e incredulità prendono il sopravvento.

Elisa Fuksas

iSola (2020): Elisa Fuksas

 

Per la prima volta, la paura comincia a farsi strada nelle giornate di Elisa, tutte spaventosamente uguali. Il suo iPhone smette di essere un mero mezzo di comunicazione e diventa il centro del suo intero universo. I software di videocomunicazione la mettono in contatto con le persone a lei care e la videocamera le permette di filmare tutto ciò che accade intorno a lei ma anche lei stessa. Improvvisamente, il suo sguardo si fonde con quello del cellulare che da un momento all’altro si trasforma in nuovo organo umano, in grado di cogliere sfumature inattese e altrimenti sfuggenti. L’euforia della catastrofe, come lei stessa definisce lo stato d’animo generato dal lockdown, la porta a riprendere tutto e a interrogarsi sulla realtà.

Mentre il cane Stella e il ritorno della sorella Lavinia le impediscono di essere fisicamente sola, Elisa sente crescere in lei la necessità di far ordine dentro se stessa. Una visita in una vicina chiesa barocca e una passeggiata con il cane diventano occasione per riflettere su come reputa sbagliato stare con qualcun altro, facendo accrescere in lei il desiderio di rimanere sola, di voler ritornare presto tra le mura domestiche e di rimanere lontana da quei luoghi un tempo familiari ma ora sinistri, protetta nel suo nido. Quel nido che riempie con i tentativi di parlare con la madre, con le conversazioni con l’amico di sempre, con la pulizia dei vetri mai fatta prima e con gli esercizi di ginnastica che un’app le insegna. Il telefonino sempre acceso è foriero di creatività e persino le chiacchiere con il vicino Simone si trasformano in un tentativo di moderno campo e controcampo.

Riflettendo su come nessuno sembra avere paura per lei, Elisa deve attendere il 04 aprile per una chiamata che le fissa la nuova data dell’operazione. Il destino ancora una volta gioca le sue carte in maniera sapiente e la scelta ricade sul 21 aprile, non una data casuale: in quello stesso giorno ma un anno prima si era battezzata. Senza esitazione, accetta e si prepara all’evento. Assiste però prima al rito della Via Crucis in solitaria del Papa e festeggia la Pasqua con la sorella. Tutto sempre sotto l’obiettivo del suo iPhone.

Arriva il giorno dell’operazione ed Elisa crolla. In macchina verso il Policlinico Gemelli il cellulare fissa le sue lacrime e quelle di tutti noi che finalmente entriamo in empatia con il suo stato d’animo. Il suo pianto, silenzioso, è quello che tutti noi abbiamo ingoiato tutte le volte che di fronte all’ignoto abbiamo avuto voglia di fuggire, che di fronte a un sole spento abbiamo cercato nuovi fari.

Paradossalmente, l’intervento segna una svolta nel percorso di Elisa. Una telefonata inattesa da parte dell’amica Alessia da Milano dà nuovo corso alle sue giornate. Alessia le comunica di avere un linfoma ed Elisa sente di dover fare qualcosa, di dover in qualche modo esserle vicina.

Elisa Fuksas

iSola (2020): Elisa Fuksas

 

Man mano che ricominciano le riaperture e il COVID-19 sembra improvvisamente scomparire, anche Elisa ricomincia a riaprirsi. Si interroga su cosa è rimasto del vecchio mondo e si sottopone a nuove visite di controllo. Rimane senza voce e scruta la sua cicatrice, come se dovesse abituarsi a una nuova immagine del suo corpo. Conduce una vita da sopravvissuta e quasi sente la mancanza della monotonia delle settimane passate. Si chiede anche come possa la sua mezza tiroide lavorare il doppio di prima e su quanto la sua esperienza abbia pesato sulle persone a lei care, a cominciare dai genitori. La madre, nonostante lei non volesse, le ha fatto compagnia durante la degenza mentre il padre è rimasto in disparte. Da sopravvissuta, il 22 maggio fa visita ai genitori: nessuno però menziona il suo tumore, sembra qualcosa da cui tutti hanno preso le distanze. E per ridurre tali distanze mostra degli estratti delle sue riprese ai familiari, stordendoli e costringendoli a fare i conti con la realtà. Ciò che era nato quasi come un gioco diviene strumento di struggente analisi, capace di far scivolare in un pianto liberatorio chi le sta accanto.

Ritornando in città, decide di termine il suo prezioso documento facendo qualcosa per Alessia. In quello che diviene un’ode all’amicizia, la regista si reca prima in visita dall’amica e dopo cerca un modo per rendere indimenticabile quell’esperienza condivisa. Anche perché Elisa è solita mantenere le promesse, come dimostra il pellegrinaggio che in una calda giornata di giugno porta a termine da sola dal Circo Massimo al Santuario della Madonna del Divino Amore.

Elisa Fuksas, Alessia Correani

iSola (2020): Elisa Fuksas, Alessia Correani

 

iSola è una straordinaria testimonianza di un’epoca che abbia vissuto tutti noi. Il ricordo dell’esperienza è ancora talmente vivo che è difficile analizzare con lucidità quello che è stato. Chiusi nell’armadio delle nostre esistenze, siamo stati chiamati a capire chi eravamo e che direzione avevamo intrapreso. Ne siamo usciti migliori o peggiori? Non esiste ancora una risposta alla domanda. Ognuno di noi sa quali sono i limiti affrontati e quali gli ostacoli che non è riuscito a superare, conosce quanti angoli è riuscito a smussare e quante battaglie a portare a casa. L’intuizione della Fuksas di usare il cellulare come sua protesi per trasformarlo in testimonianza diretta del suo vissuto restituisce il quadro chiaro di una donna che, alla ricerca di fede e di qualcosa a cui aggrapparsi in un momento sia privato sia pubblico complicato, trova prima di tutto se stessa ritornando a quei valori primordiali che da sempre aiutano il cammino dell’uomo: religione, amicizia ed esperienza condivisa, esorcizzano paure e timori. Si è meno soli quando si sceglie di essere meno soli: non importa quanta gente vi sia intorno (uno, nessuno o centomila), importa quanto si è pronti a lasciarsi circondare.

Non si può recensire iSola considerandolo solo un documentario. iSola è un frammento di vita che va al di là di ogni freddo canone di analisi critica. È un lacerante pezzo di psicoanalisi con cui tutti noi dovremmo fare i conti con delicatezza e sensibilità.

 

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