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All the Dead Ones

Regia di Marco Dutra, Caetano Gotardo vedi scheda film

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La recensione su All the Dead Ones

di alan smithee
8 stelle

MUBI
"Cos'hanno fatto i Romani? Sono passati da una Repubblica ad un Impero. Noi invece, in Brasile, al contrario, siamo passati da un Impero ad una Repubblica".
"L'impero" del Brasile fu l'ultimo paese del mondo occidentale ad accettare l'abolizionismo: la schiavitù venne definitivamente abrogata nel 1888 attraverso la Lei Aurea, che permise a circa 4 milioni di persone importate dalle coste africane di considerarsi persone libere.
Nel 1899, una famiglia di ex proprietari terrieri si trova ad affrontare un periodo di ristrettezze tra una casa che non riescono più a mantenere, un capo famiglia anziano che, per cercare di portare sostanze alla propria famiglia, ma anche per tenersene a debita, vitale distanza, si è improvvisato gestore di un podere in capo ad italiani, distante chilometri da San Paolo.
Nella casa di un sobborgo residenziale della metropoli resta la anziana moglie Isabel, affetta da lancinanti dolori ossei e da rimorsi non ben identificati, con la figlia più giovane Ana, divenuta folle e per questo trattenuta tra le mura domestiche a suonare il piano, nostalgica di quel periodo in cui si poteva contare in una servitù completamente disponibile, ed in cerca di un buon partito dalla pelle bianca con cui convolare ad un matrimonio a metà strada tra il compromesso economico e la storia d'amore. L'altra figlia, Maria, la maggiore, prese i voti anni prima e dal convento, ove esercita la professione di insegnante, si preoccupa di una situazione familiare divenuta insostenibile a causa dei comportamento anomali della sorella minore, e per l'assenza ormai calcolata di un capo famiglia che possa rimettere ordine tra le inquietudini che si son rese palpabili nella casa.

La morte improvvisa dell'anziana domestica ex schiava, rimasta ad aiutare in quella casa, getta nel panico le donne, che non riescono a dimostrarsi autosufficienti nemmeno nel prepararsi un caffè che il padrone di casa invia loro in grossi sacchi, e che la vecchia badante provvedeva ad essiccare e poi a macinare, rendendo la bevanda sopraffina.
Alla suora viene l'idea di andare a parlare con la nipote della defunta domestica, in quanto avvezza e preparata a celebrare riti evocativi tipici della tradizione africana da cui gli schiavi vennero forzatamente estirpati, da poter rimettere "in scena" per placare in qualche modo il disagio della sorella più giovane, che non si riconosce nel nuovo mondo e in quell'aria da nuovo secolo che si prospetta favorevole al progresso e alla libertà individuale.
Nel giorno dedicato al culto dei morti, la donna convocata quasi a forza e dopo molta riluttanza in quella casa, comincerà ad evocare lo spirito dei morti nel tentativo di dare un aiuto concreto a quei vivi che non riescono ad accettare il nuovo corso storico in atto.
Il regista Marco Dutra della stupefacente favola horror Good Manners e di Quando eu era vivo, coadiuvato da Caetano Gotardo, descrivono con stile mirabile ed una ambientazione che evoca atmosfere horror del tutto compatibili con la situazione, l'incapacità e l'impreparazione della classe sociale un tempo agiata e benestante dei proprietari terrieri di adeguarsi al nuovo spiraglio esistenziale che inizia a librarsi in società con la nuova ondata di sensibilizzazione verso un tipo di società più libera e meritocratica, rispettosa delle singole capacità individuali e non più legata ad antichi quanto ingiusti e quasi sempre immeritati retaggi di casta.
Ne scaturisce un film che è davvero quasi un horror a sfondo etico-sociale, in cui il mondo delle protagoniste rimane ancorato ad un tempo che ormai non esiste più.

La straordinaria intuizione dei registi, è quella di scoprire, poco per volta, i retroscena di uno sfondo cittadino che si apre all'occhio dello spettatore in modo parziale e prudente, fino a scoprire i dettagli di scorci cittadini che sono già quelli odierni, moderni nei dettagli in lontananza delle facciate moderne dei palazzi che si stagliano nella skyline della metropoli brasiliana, e non certo quello, già inadeguato per le tre donne protagoniste, di un inizio '900 che si rivelata troppo ambizioso e innovativo per la loro casta di irriducibili paladini di un corso storico immutabile e per questo profondamente ingiusto e provativo per i più.
Nelle scene finali, incongrue solo a livello teorico, ma perfette a rendere l'inadeguatezza di una casta di fronte ad un mondo che finalmente disarciona e rinnega certe incongruità ed ingiustizie da popolo barbarico, il bellissimo film manifesta in pieno la forza di quel disagio incolmabile che è destinato a portare alla follia e all'estinzione una classe sociale ormai fuori luogo e completamente inadeguata.
Tra gli interpreti dell'ottimo cast che compone l'opera, non possiamo non notare con estremo piacere la presenza dell'icona del cinema di Manole de Oliveira, ovvero Leonor Silveira, impegnata in un ruolo da non protagonista, ma del tutto significativo, della vicina di casa delle tre protagoniste, invano impegnata a cercare di maritare il nipote meticcio con la sempre più instabile ed incontrollabile Ana. 
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