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Prison of Hell: K3

Regia di Andreas Bethmann vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Prison of Hell: K3

di undying
8 stelle

Quando Jörg Buttgereit incontra Joe D'Amato, ovvero un'opera "estrema" del genere Sex & Violence. Prison of Hell: K3 è un WIP unico, di una crudezza inarrivabile. Tra delirio e genio, tra sregolatezza e politicamente scorretto. Il Salò degli Anni 2000 è servito. Al sangue.

 

locandina

Prison of Hell: K3 (2010): locandina

 

Jennifer (Carol Weiss) è una psicologa, da cinque anni introdottasi in una prigione femminile, denominata K3, per documentare le aberranti torture e sevizie alle quali vengono sottoposte le prigioniere da parte delle guardie, con il supporto del dottor Bertucci (Andreas Bethmann) e della sadica guardiana. Nelle ultime due settimane, con l'arrivo di due nuove detenute, Anne (Suzi-Anne) e Suzanne (Candy Sue), gli eventi all'interno del penitenziario precipitano. Le due ultime carcerate, sottoposte a reiterate violenze sessuali e fisiche, tentano una disperata fuga, venendo spietatamente cacciate dalle sadiche guardie.

 

"La morte di un uomo è una tragedia, la morte di molti una statistica."

 

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Premessa

I film hardcore non hanno diritto di essere schedati in un sito di cinema come Film TV. Ma, avrete notato, ci sono alcune eccezioni, riportate ormai in tutti i più rinomati dizionari di genere: Radley Metzger, Gerard Damiano, Erwin C. Dietrich, Joe D'Amato, Jésus Franco. Sono solo alcuni dei "registi" ai quali sarebbe fatto torto (così come ai tanti spettatori che hanno apprezzato le loro opere) non recensire alcuni dei loro "capolavori del cinema per adulti". Ci sono poi registi che, operando nel sottobosco del cinema indipendente, riescono con pochi mezzi ma tanta inventiva a creare veri e propri "mostri". In un senso o nell'altro. Uno di questi è il tedesco Andreas Bethmann, via di mezzo tra pazzo scatenato e visionario illuminato. La recensione che segue è quindi consigliata solo a chi voglia approfondire un genere che, definire "estremo", appare quantomeno limitativo. Ai più sensibili, o a chi non interessato alla tematica, è dato invece suggerimento di uscire da questa pagina.

 

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Come si è arrivati alla prigione K3

Ai cultori del cinema estremo il nome di Olaf Ittenbach non suona certo nuovo. Cineasta tedesco esponente della corrente ultra splatter in tempi non sospetti (Black past è del 1989) e tuttora sulla scena in lavorazione sull'atteso God forsaken. Uno, insomma, che i vari Eli Roth, Alexandre Aja, Pascal Laugier, Bustillo e compagnia bella del cosiddetto filone (relativamente recente) dello splat-pack, li distanza anni luce non solo sui tempi, ma soprattutto nei modi. Che c'entra in un film di tale Andreas Bethmann? C'entra eccome, trattandosi di un esemplare dei più malati mai prodotti con effetti ultrarealistici e iperviolenti, che sono appunto frutto della mente perversa di Ittenbach. Ma andiamo per gradi. La Germania ha dato i natali ad alcuni dei più folli cineasti mai esistiti: dal raffinato Jörg Buttgereit di Nekromantik e Schramm, al macellaio (più che cineasta) Andreas Schnaas di Violent shit. Sono loro i due nomi più noti tra gli appassionati di cinema "estremo" teutonico. Nel sottobosco, però, si sono mossi anche altri autori del cinema "estremo all'ennesima potenza". Tralasciando Marcel Walz, perchè ultimamente approdato al mainstream con il remake di Blood feast, uno è appunto Ittenbach, l'altro Andreas Bethmann, apparso sulla scena con un low budget (caratteristico di ognuno degli autori citati) girato per l'home video nel 1994: Der Totenhügel. Bethmann non cela il suo interesse per l'horror italiano, omaggiato quando nel 2003 gira Rossa Venezia (film sul quale torneremo, dopo averlo opportunamente schedato). Contemporaneamente si interessa di erotismo, celebrando ad esempio la famosa serie sulle studentesse (recensita su Film TV) con il tardivo Schulmädchen-Report 2000: feuchte mösen nach schulschluß (2001). Poi approda all'hard, ma sempre coniugando horror ed erotismo. Sono tutti lavori girati in (e per il) video, in condizioni di massima economia. Uno come Bethmann è quindi, comprensibilmente, anche cultore del filone italiano Eros-svastica, presumibilmente date le premesse, proprio dei titoli più estremi: da La bestia in calore a KZ9 - Lager di sterminio per intenderci. Lo dimostra quando, nel 2004, gira Notgeile Knastjulen zur Unzucht erzogen, seguito l'anno successivo da Knastjulen 2 - Zur Sau gemacht. Due WIP a luci rosse, tema particolarmente gradito all'autore, sul quale ritorna appunto nel 2010, con questo sequel (e spin-off) ch'è Prison of Hell: K3. Dove K3 è appunto acronimo di Knastjulen (part) three. Stiamo parlando di uno che nel 1996 ha fondato la X-Rated: Die Kultvideothek. E il nome dovrà pur significare qualcosa. Perchè il sospetto è che Bethmann, oltreché amante del cinema estremo italiano, sia anche stato un assiduo lettore di quei fumetti neri che a metà Anni Ottanta affollavano le edicole (certamente anche quelle germaniche). Prodotti stampati dalle due case concorrenti (Ediperiodici e Edifumetto/Squalo), con testate tipo Terror blu, Storie Blu, Oltretomba, Attualità Violenta e via andando con storie trucide, sadiche, esplicite e -solitamente- dalla chiusa nerissima. Il lettore perdoni questo prologo prolisso, ma indispensabile per capire l'oggetto di cui stiamo trattando. Che non è, ovviamente, destinato ad un pubblico "regolare". Qui sembra di assistere ad un'opera del Bruno Mattei più indiavolato (per l'ardire e la cattiveria), in collaborazione con Jésus Franco (per il nudo), Joe D'Amato (per l'hard) e Lucio Fulci (per lo splatter). Con tali ingredienti, non può che uscirne un pasto prelibato per gli stomaci forti, ma indigeribile per tutti gli altri. E quando diciamo forti, è da intendersi nel senso vero della parola.

 

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Un WIP infernale

Prison of Hell: K3, e lo scrive uno che di cose strane ne ha viste, è il film più malato e malsano che si possa immaginare. Sulla falsariga iniziale di ogni WIP (accoglimento con doccia e ispezione delle recluse) Bethmann (che interpreta anche il dott. Bertucci, cognome non a caso italiano) cala le sventurate protagoniste in un lager fuori tempo e luogo, ma con probabile origine nei più profondi gironi dell'Erebo. Perchè almeno due dei suoi figli -Atropo e Thanatos- sono presenza fissa sulle scene, a partire dal terrificante secondo tempo. Dopo un incipit che, scopriremo al termine, anticipa di pochi minuti la tragica conclusione, Bethmann sprofonda nell'hard vero e proprio. Par di assistere ad un Sadomaniaelevato però alla  decima potenza: le ragazze, legate e costrette sotto minaccia armata (pistole o coltelli) sono obbligate a concedere le loro grazie, con dovizia di particolari in primo piano, agli spietati violentatori. Ad una, ad esempio, viene iniettato con ago un veleno direttamente nel clitoride, mentre l'aguzzino ha spalmato sul membro l'antidoto: e la prigioniera ha solo pochi secondi per ingerire la salvifica pozione. Sono cinquanta minuti di sesso sfrenato, girato però con uso di filtro (ad effetto, inserito in post produzione) che rende la fotografia sgranata, sporca e piena di sputinature. Esattamente come può essere il video di una copia estratta da un vecchio positivo usurato. Dopo aver declinato la sua prima passione (il sesso malato), Bethmann ci propone la seconda (la violenza estremamente malata). Prison of Hell: K3, infatti, non ha nulla di consolatorio: ci si aspetterebbe che i sadici torturatori (e solo chi ha avuto, o avrà, il coraggio di vedere l'immorale sequela di brutture, accompagnate da turpiloquio può capire) paghino quantomeno in minima parte il prezzo dello loro malefatte. E invece, no. Le vittime vanno incontro (lentamente e letteralmente) a supplizi indicibili, in particolare la povera Anne, castigata lungamente prima di essere uccisa, mentre la carceriera chiede all'amica costretta ad assistere: "Hai mai visto pisciare dal dolore?" E qui, Bethmann, gira l'infilmabile, al limite del blasfemo. E il fatto è che lo gira dannatamente (è il caso di dirlo) bene. Prodotto da prendere con le pinze, se non si è minimamente abituati all'horror.

 

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"La violenza sulle donne è antica come il mondo, ma oggi avremmo voluto sperare che una società avanzata, civile e democratica non nutrisse le cronache di abusi, omicidi e stupri." (Helga Schneider)

 

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F.P. 21/10/2019 - Versione visionata in lingua tedesca (durata: 105'53")

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