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Orphans

Regia di Peter Mullan vedi scheda film

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La recensione su Orphans

di FilmTv Rivista
8 stelle

Solido realismo inglese tra Ken Loach, Mike Leigh e Terence Davies Si apre in sordina, con un gruppo di famiglia in un interno: tre fratelli e una sorella handicappata, intorno alla bara aperta della madre, e poi seduti a scegliere qualche oggetto ricordo da una vecchia scatola. La macchina da presa passa su di loro, prosegue lungo le pareti della stanza, mentre riecheggia la voce che li consolava durante i temporali quando erano piccoli, dissolve in nero, accenna un flashback della memoria e torna su di loro, oggi. “Orphans”: orfani, di padre e madre, di identità e coesione culturale, di compagni, ideali, amici, cause, santi. Fin dalla prima scena, un cinema che si annuncia subito come “consapevole”, memore del dolore straziato di Terence Davies e della pulizia graffiante di Mike Leigh. Poi, nella lunga notte che precede il funerale (e che comprende tutta la narrazione), quando i fratelli si dividono, tra un pub e interminabili giri in auto, tra incontri occasionali e la ricerca affannosa l’uno dell’altro, mentre una burrasca di proporzioni innaturali squassa Glasgow, irresistibili accenni comici si saldano con violenze improvvise. Curioso, questo esordio nel lungometraggio di Peter Mullan. Sarà forse perché dal protagonista di “My Name Is Joe” pareva lecito aspettarsi un film che rispecchiasse il solido realismo di Ken Loach, ma si resta come spiazzati, e via via più incuriositi e infine conquistati, dalla piega surreale che prende il percorso dei quattro fratelli. Una chiesa si scoperchia, le immagini sacre si sbriciolano, una ferita continua a sanguinare per tutta la notte, e alla fine, in pieno giorno, davanti a una tomba, ci si può, se non riconciliare, almeno riunirsi per andare a mangiare un curry. Peter Mullan sa dove sta andando, e fonde con vigorosa personalità scozzese Mike Leigh, Terence Davies, qualcosa (poco in realtà) di Ken Loach, con i paradossi beffardi del maestro scozzese Alexander Mackendrick e con la leggerezza non realistica di certe commedie di Michael Powell.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 17 del 1999

Autore: Emanuela Martini

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