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Diabolik

Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film

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La recensione su Diabolik

di YellowBastard
6 stelle

Inizialmente previsto per Dicembre 2020, dopo un anno arriva finalmente nei cinema uno dei film più attesi della recente produzione italiana, ovvero l’adattamento cinematografico di Diabolik, fumetto creato nel 1962 dalle sorelle Angela & Giuliana Giussani, e affidato nella regia e all’esperienza di Antonio & Marco Manetti, in arte i Manetti Bros., grazie a una produzione indipendente di Mompracem in associazione con Astorina, la casa editrice di Diabolik diretta da Mario Gomboli, ma sostenuta anche da Rai Cinema con un budget decisamente importante per l’Italia (10 milioni di euro), e affidandosi per le vendite all’estero alla tedesca Beta Cinema.

 

Diabolik: ecco la data d'uscita ufficiale del film con Luca Marinelli

Diabolik o Cattivik?

 

Un tentativo a lungo meditato di trovare una personale via italiana al cinecomic, come raccontato dal produttore Carlo Macchitella, e che prevede già la produzione di un Diabolik 2 e 3 (ma con altri interpreti) nel tentativo di realizzare un prodotto con un forte interesse anche per il mercato internazionale, dopo gli alterni risultati italiani di opere come La profezia dell’armadillo di Emanuele Scarigi (da Zerocalcare, recentemente sbarcato con grande successo su Netflix con la serie animata Strappare lungo i bordi), Monolith di Ivan Silvestrin (dalla Bonelli), L’ultimo terrestre di Gip e 5 é il numero perfetto da e di Igort.

 

Inevitabilmente questo Diabolik si deve confrontare, volente o meno, con quello del 1968 firmato dal maestro dell’horror Mario Bava, un film che non si prende mai veramente sul serio, con una sceneggiatura tremenda ma visivamente una festa pop fatta di psichedelia, optical art, inquadrature distorte e un’ironia nera. E con le musiche di un certo Ennio Morricone.

Fu però un insuccesso commerciale (ma che diversi anni dopo devenne un’opera di culto per molti) anche per lo stesso produttore Dino De Laurentiss, che si lamentò che Bava “non aveva fatto il Diabolik delle Giussani ma uno 007 in versione cattiva”.

 

Il primo Diabolik era geniale, a modo suo

 

Diabolik il film, l'attesa è finita. Dal 16 dicembre al cinema - Spettacoli  - ilrestodelcarlino.it

..gemelli diversi..

 

La sceneggiatura scritta dai Manetti insieme a Michelangelo la Neve invece punta esattamente al suo opposto, torna all’idea di una riproposizione autentica e radicale del fumetto (prendendosi anche maledettamente sul serio) e cerca di catturarne lo spirito e le atmosfere adattando l’albo del’63 L’arresto di Diabolik (insieme al suo recente remake del 2012 scritto da Tito Faraci) per un’operazione decisamente anomala per l’industria cinematografica italiana ma distinta da un’eleganza spiazzante immersa completamente (compulsivamente?) nell’immaginario del fumetto, ricreando Clerville e i borghi Bellevue e Ghenf tra le strade di Milano, Bologna e Trieste con l’obiettivo di restituire integralmente le atmosfere e gli elementi distintivi del fumetto originale, sia nell’attenta ricostruzione del comparto scenografico e audiovisivo che (soprattutto?) dal punto di vista narrativo.

 

Una ricostruzione che riabbraccia anche le stesse ispirazioni delle sorelle Giussani, dai film di Alfred Hitchcock e la cinematografia di genere degli anni’60 e ‘70 ai grandi sceneggiati Rai dell’epoca, dall’incontro tra noir e giallo alla grande tradizione del romanzo d’appendice fino a quella, tutta nostrana, dei fotoromanzi che in quegli anni furoreggiavano nelle edicole con un ideale di romanticismo che é poi alla base del rapporto tra Diabolik e Eva Kent.

 

E se il cuore narrativo del film é proprio la nascita del sodalizio tra Diabolik ed Eva la sceneggiatura omaggia soprattutto la creazione di Eva Kent, personaggio noir molto diverso dalla tradizionale femme fatale o a certi stereotipi dell’epoca di donna, per quanto brillante e intelligente, comunque sottomessa al suo uomo.

 

Diabolik, la tragedia che è il film dei fratelli Manetti | Wired Italia

 

E’ una storia di origini che mette insieme la staticità del fumetto e l’iconicità dei suoi personaggi traducendo in immagini proprio quello specifico linguaggio, decisamente non contemporaneo, attraverso inquadrature fisse, primissimi piani e movimenti di macchina a spalla ma con pose e recitazioni molto marcate, quasi esagerate nella sua implausibilità ma che costituisce anche la particolarissima cifra stilistica del film.

Non sempre e a tutti riesce ma l’effetto é esattamente quello voluto, cioè la sensazione di trovarsi effettivamente dentro a un fumetto di Diabolik degli anni’60, ma questo provoca anche uno straniamento nello spettatore di cui si chiede uno sforzo maggiore nell’accettarne il passo lento, cadenzato, molto particolare e anche molto diverso da quanto siamo abituati oggi ma che si lega invece moltissimo con la storia e gli anni in cui si colloca, degli anni’60 inventati e fasulli, con set allestiti e decorati alla perfezione per ricreare un’estetica che richiama più un’idea dei nostri tempi che non la realtà effettiva di quegli anni.

 

Molto buono il trio di protagonisti, da un convincente Luca Marinelli come Diabolik, per quanto non proprio aderente iconograficamente al ruolo (ma funziona) a un sorprendente Valerio Mastandrea nell’iconico ruolo di Ginko, ma é soprattutto la fantastica Miriam Leone come Eva Kent a essere la vera protagonista della pellicola.

Tra gli altri interpreti, non sempre all’altezza e, in definitiva una delle parti deboli del film, Alessandro Roja, una sprecata Serena Rossi, Vanessa Scalera, Lorenzo Pedrotti, Luca Di Giovanni, Claudia Gerini (in un cameo), Francesca Nerozzi, Antonino Iuorio e Roberto Citran.

 

Il cast del film | © Astorina

 

Ottima poi la colonna sonora curata da Pivio e Aldo De Scalzi, che può contare anche su due canzoni interpretate da Manuel Agnelli, come splendida é la fotografia di Francesca Amitrano, storica collaboratrice dei Manetti Bros., mentre le scenografie sono di Noemi Marchica e i costumi di Ginevra De Carolis.

 

VOTO: 6,5

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