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Diabolik

Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film

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La recensione su Diabolik

di Marco Poggi
4 stelle

Diabolik torna al cinema dopo il film pop di Mario Bava, e si affida ai Manetti Bros., i quali prendono spunto dal terzo numero degli albi pocket ambientando il tutto in una Clerville anni '60. Il risultato è un fumetto di Diabolik in movimento che s'ispira anche ai nostri prodotti cine tv di un tempo, però manca di veri guizzi e scene d'azione.

Diabolik torna al cinema, dopo il film psiichedelico-pop e (purtroppo) anche camp di Mario Bava, datato 1967, e si affida ai Manetti Bros., i quali prendono spunto dal terzo numero degli albi pocket ambientando il tutto in una Clerville degli anni '60. Il risultato è un fumetto di Diabolik in movimento che s'ispira anche ai nostri prodotti di un tempo (I "famigerati" sceneggiati in bianco e nero, interpretati di attori di teatro, che non disprezzavano quella televisione istruttiva, che facevano milioni di spettatori perché i canali televisivi erano solo 2), però manca di veri guizzi e scene d'azione e d'inseguimento (va beh, un inseguimento c'è, ma all'inizio, che ci fa pensare che questo film sarà una bomba, invece è un petardo) che possano destare interesse. E' un regaino fatto ai lettori consueti del re del del delitto e della sua campagna bionda con lo chignon fra i capelli (non a caso, nel film compare anche  lattuale direttore dell'Astorina, il barbuto Mauro Gomboli nel ruolo del giudice, in assenza di Angela e Luciana Giussani, le creatrici, che non ci sono più da tempo) , che però potrebbe annoiare lo spettatore occasionale. E' come se fosse un film vietato ai giovani spettatori che mangiano pane  Spider-man, Batman e Avengers, perché difficilmente chi si identifica con quegli eroi a stelle e strisce (anche se presentati in maniera stravolta per accalappiare chi di solito non legge quegli eroi in fumetto), sarà interessato a questo cine-fumetto itaiano, fatto da italianI e con degli interpreti tutti italiani. Nel cast, però, brilla la Eva Kant di Miriam Leone, personaggio finalmente presentato così com'era la prima volta che appariva nei fumetti di 60 anni fa  e non come la ragazza yé-yé, (un pò troppo prostituta e persino col taglio di capelli alla Satanik) di Marisa Mell,  mentre il Diabolik di Luca Marinelli delude (non ha lo sguardo assassino adatto, non picchia quando c'è da picchiare, perché di vere scene d'azione non ce ne sono e il lancio dei coltelli non è il suo forte) e Valerio Mastandrea è più un cosplayer che un credibile ispettore Ginko. Certo, Valerio s'impegna e non cade nel romanesco, ma si porta appressso sempre quella voce da ragazzino che secondo me stona per Ginko (se dovessimo dar retta all'ispettore poco somigliante di Michel Piccoli, almeno lui, aveva un giovane  Gigi Proietti,  come doppiatote che, come intonazione di voce era più Ginko di Mastandrea), Resta la discreta ricostruzione dell'Italia degli anni'60, i nascondogli di Diaboik dove il nostro anti-eroe nasconde la sua Jaguer-E e le maschere, Maluel Agnelli che canta "La profondità degli abissi" e il cameo divertito e divertente di Claudia Gerini, ma in sostanza è un'occasione mancata...e lo dice uno che non rimpinge il camp-pop di Bava. 

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