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Dies irae

Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film

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La recensione su Dies irae

di aurtom
8 stelle

Uno dei grandi capolavori assoluti del cinema di tutti i tempi: storia dall'andamento solenne e pacato ma percorsa da brividi di umana partecipazione e di introspezione psicologica dei personaggi.E' uno studio su come le deformazioni del sentimento religioso e gli equivoci della fede possano portare alla rovina morale e fisica delle persone, in particolare delle donne, che in questo film sono le vere vittime di una società totalmente basata sulla superstizione travestita da religiosità .I sentimenti individuali vi vengono repressi e compressi,in asservimento a dei codici morali che si realizzano tramite l'autoumiliazione delle persone: solo le "streghe" trovano in sè la forza di ribellarsi e di recuperare la propria dignità come individui, e per questo divengono corpi estranei in un organismo che prontamente provvede a rigettarli.
I personaggi maschili non godono della simpatia dell'autore che, pur cosciente
dell'impossibilità, per essi, di essere diversi da come sono, si erge però a loro giudice in quanto responsabili primi del perpetuarsi della società che li genera e che da essi è generata.Ad essi manca soprattutto la pietà, proprio per l'ossessivo costringersi a seguire i dettami di una "spietata pietas" .Al di là della dolente figura della protagonista, suscita pietosa comprensione il personaggio della di lei suocera,donna arcigna e severa perchè non in grado di comprendere le esigenze di un'umanità a lei stessa negata fin dalla nascita: quale destino peggiore del non poter comprendere le bellezze della vita perchè non ne si sospetta neppure l'esistenza?
Film assolutamente raccomandabile a chi si sappia portato a riflettere.Chi ama soprattutto l'azione, meglio si dedichi ad altro.

Su Lisbeth Movin

Interpretazione sensibile e misurata, che dall'iniziale quasi apatia, rende credibile e comprensibile il graduale passaggio verso una piena coscienza della propria miserevole condizione,e dell'urgente bisogno,una volta capitane la causa, di uscirne.Non uno strabuzzamento di occhi, non un'aggrottar di ciglia : soltanto sentimenti che nascono dal di dentro e che vengono espressi da uno sguardo intenso e al tempo stesso enigmatico, poichè il personaggio all'epilogo della storia finisce col divenire un enigma per se stesso - e per questo ,inevitabilmente ,soccombe.

Su Carl Theodor Dreyer

Grande la sua arte di raccontare, e sapiente il suo uso di luci ed ombre, che attraverso contrasti stridenti o morbidezze di grigi assumono la funzione di tramite tra quanto esprime la situazione e quanto il regista vuole comunicare allo spettatore su di essa.

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