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Baci e abbracci

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Baci e abbracci

di degoffro
8 stelle

C'è un sottile filo rosso che lega "La bella vita", l'esordio di Paolo Virzì, con questo "Baci e abbracci". Il film con Sabrina Ferilli si concludeva con il protagonista Bruno che, dopo una serie di disavventure lavorative, sentimentali e di salute, decideva con i suoi due migliori amici, come lui ex operai delle acciaierie di Piombino, di avviare un'attività imprenditoriale in proprio, consistente in uno stabilimento balneare sulle coste tirreniche della Toscana. "Baci e abbracci" quarto titolo del regista, dopo l'inatteso trionfo di "Ovosodo" si apre con tre ex-operai in un'azienda di ceramiche, Renato, Luciano e Tatiana, che hanno trasformato la cascina in cui vivono nella valle di Cecina, in un allevamento di struzzi. I tre sono oberati dai debiti ed in attesa di fantomatici finanziamenti da parte della Regione. C'è inoltre Mario, un pover'uomo sulla quarantina, lasciato dalla moglie, incapace di stabilire un vero rapporto con il figlioletto che vede davvero poco (gli regala per Natale la maglietta dell'Inter ignorando che il bimbo tifa Juve, errore davvero imperdonabile per un padre), costretto a chiudere il proprio ristorante per assoluta mancanza di clienti (le sole persone che entrano nel suo locale sono i funzionari incaricati di pignorare i mobili per i suoi esorbitanti debiti). Mario è sull'orlo del suicidio: i suoi fallimentari tentativi di togliersi la vita prima con i barbiturici, poi con il gas di scarico della macchina (ma finisce troppo presto la benzina per cui il motore si spegne), infine sdraiandosi sulle rotaie in attesa di essere travolto dal treno che però si ferma prima, sono davvero esilaranti, e portano alla mente l'incipit di un vecchio e poco conosciuto film di Blake Edwards, "S.O.B.", satira velenosissima sul mondo del cinema, in cui un regista di Hollywood, deluso dalle stroncature subite dal suo ultimo film, tentava ripetutamente ed invano di uccidersi in modo peraltro piuttosto goffo. Probabilmente un omaggio involontario di Virzì ad un genio della commedia americana come Edwards. Ispirandosi invece in modo più lampante ed esplicito a "L'ispettore generale" di Gogol, ma anche ad "Anni ruggenti" di Luigi Zampa, il regista toscano confeziona il suo personale racconto di Natale, o meglio, come lo stesso Virzì ha affermato "il nipotino plebeo e indiavolato di quel genere antico che è il racconto di Natale". "Baci e abbracci", al pari di "Ferie d'agosto", è una frenetica e scanzonata commedia buffa, corale, vivace ed amara al tempo stesso, allegra e malinconica, caciarona e riflessiva, dove però il sottofondo politico, tipico dell'autore, è per una volta abbandonato a vantaggio di un'attenzione ancor più marcata sull'umanità, lo smarrimento, le illusioni, le delusioni e la disperazione dei personaggi. Il regista segue i suoi amati e sfigati protagonisti con affetto, ironia e complicità ed offre un nuovo, intenso, lucido ritratto di un'Italia di provincia in affanno ed in confusione che si arrabatta e si ingegna come può per poter tirare avanti. Un quadro del nostro tempo disincantato e caloroso, che brilla per acume, realismo e humor. Al solito Virzì, anche sceneggiatore con il fidato Francesco Bruni, sovraccarica la vicenda (tutta la parentesi relativa al giovane gruppo musicale degli Amaranto Posse, capitanato da Edoardo Gabriellini, è francamente superflua, poco in sintonia con il resto della storia), certi passaggi narrativi suonano forzati (la sequenza onirica di Paolantoni che rivive il suo matrimonio, la "fantastica" nevicata notturna), ma lo spirito surreale e grottesco del film, tra la pochade e la fiaba, è genuino e fresco. Il ritmo è scanzonato ed allegro, l'atmosfera natalizia è coinvolgente e mai buonista o melensa (anche se la sequenza del pranzo preparato da Mario fa troppo "Il pranzo di Babette"). Alcuni momenti intimi hanno un'inconsueta e struggente delicatezza (il rapporto che progressivamente si sviluppa tra l'impacciato e confuso Mario e l'appariscente, prorompente ma dolce e comprensiva Annalisa), altri una ruspante e contagiosa autenticità (lo sfogo di rabbia e di desolazione di Renato, dopo aver scoperto che Mario non è l'assessore, ma anche l'ossequiosa ed adulatrice accoglienza riservata allo stesso Mario). Gli attori, tra cui lo stralunato e perfetto Paolantoni, formidabili ed in magica sintonia. E quel "non si soffre più" con cui i protagonisti si baciano ed abbracciano nel finale è un invito alla speranza che non deve mai venire meno, anche nelle situazioni più problematiche e tragi(comiche). Ed infatti i nostri già progettano di aprire un ristorante, ma intanto, proprio nel giorno di Natale, anche i piccoli struzzi vengono alla luce. Può essere un segno del destino. Meglio, in ogni caso, per il momento rinviare le decisioni impegnative ed esistenziali e farsi una bella partita di pallone sulla neve, sulle note emblematiche di "I will survive". In fondo è Natale. Una garbata, sarcastica e gustosa fiaba moderna dunque, una gentile e generosa commedia degli equivoci, sospesa tra sogno e realtà, dal sapore dickensiano, kusturicamente e fellinianamente arricchita da elementi farseschi e da tocchi tipici del teatro dell'assurdo. L'ennesima conferma di un regista che, con lodevoli risultati, si sforza tenacemente di ravvivare una commedia italiana che non sia solo spiritosa e divertente ma anche intelligente e sfaccettata, evitando la farsa sbracata, volgare e stupidotta, tipicamente usa e getta che va per la maggiore. Spiace che la Cecchi Gori Group Distribuzione abbia sacrificato, per le tradizionali uscite delle feste di fine anno, questo film, a suo dire troppo raffinato per il pubblico natalizio, notoriamente di bocca buona, preferendogli l'orrido ed inguardabile "Il mio west" della sciagurata coppia Pieraccioni/Veronesi, peraltro andato malissimo a quel box office che avrebbe dovuto sfondare. Il titolo originale del film doveva essere "Struzzi". In concorso al Festival di Locarno del 1999. 2 nomination ai Nastri d'argento per il miglior montaggio di Jacopo Quadri e per il miglior soggetto di Virzì e Francesco Bruni. Frase di lancio: "Quando la vita è cattiva, è bello sentirsi più buoni!"
Voto: 7

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